Perché, anche tra gli estimatori più attenti del Black Metal, quelli, intendo dalle vedute più ampie possibili e che non hanno sul comodino la sola  "bibbia" del "True Norwegian-genere", nessuno ha mai avuto a cuore gli Opera IX?
Perché, la maggior parte di chi ascolti il Black Metal sinfonico, pensa che questo si fermi solamente (e superficialmente) solo a Cradle of Filth e Dimmu Borgir o a poche altre band straniere?

Oltre a queste due band-colosso c'è tanto altro, di più variegato e valido, per certi versi anche migliore e genuino, che non cede facilmente ai commercialismi ma che ne rifugge, non certo per scelta naturalmente, ma per attitudine propria ed originale, e per talento. Già, proprio per talento, visto che gli italiani Opera IX (originari di Torino), uniscono il gusto per il Black Metal ad un paganesimo che, scusate il paragone un pò fuori luogo, è "militante", e ad atmosfere celtiche e barbariche davvero affascinanti.
Forse proprio per questo vengono dai più ignorati: sono originali, hanno una valanga di attitudine e talento da vendere, sono colti, parlano e suonano per un pubblico d'elité e non svendono la propria immagine in facili spiccioli di vampirismo o licantropia, cercando di non scadere mai nella pacchianeria fine a se stessa.

Ma, messe da parte tutte quante le cose che concernono l'immagine della band, che comunque sono concetti futili e relativi, si può ben dire che gli Opera IX siano una realtà che, se fosse ben sostenuta, potrebbe rappresentare una punta d'orgoglio per quanto riguarda la scena estrema italiana.
Il loro suono particolarissimo, la loro tecnica sopraffina, il loro songwriting complesso, ermetico e fuggevolmente delirante e ancestrale sono stupefacenti. Ogni canzone di questo album è una perla nera, complessa, sorretta da una base di tastiere e synth che si amalgamano alla perfezione ai numerosissimi cambi di tempo delle chitarre e della batteria, alle sfuriate tipiche del genere, agli scream acidi e ben strutturati del cantante, ai momenti poi epici, sfocati, lugubri e malsani, seppur non stereotipati.
Ma tante cose si possono trovare nella band che una volta annoverava tra i suoi componenti anche Cadaveria (oggi nel gruppo omonimo) e che già dalla primissima prova mise in risalto un'originalità fuori dal comune, seppure fosse figlia di concetti e modi tipici del Black Metal.

Ma i giorni di Cadaveria sono passati; oggi il maggior compositore della band (e mente pensante) Ossian, sembra aver intrapreso un discorso che molto si discosta dalla proposta blasfema delle origini, e mette a disposizione di tutti quanti siano disposti a farsi avvolgere dal suono degli Opera IX, brani del calibro di "The Serpent's Nemeton", "In Hoc Signo Sanguinis", o l'infinita ispirazione celtica di "Scell Lem Duib", cantata interamente in Gaelico e che riprende nella sua base, proprio una nenia popolare di quella tradizione, dotandola poi di una vena malinconica e sciamanica affascinante e avvolgentemente sublime, o infine "One Road in Asa Bay", cover dei Bathory, ed eseguita in una maniera che, per una volta, non fa rimpiangere la seppur pregevole originale.

E allora, per non dilungarmi più, perché è certamente inutile, perché non vi fate un favore e correte a cercarvi questo album, o magari qualcuno dei precedenti (di cui, se ne avrò la volontà parlerò certamente), facendovi il favore di non pensare per una volta, che le band italiane non siano capaci di comporre musica che è sui livelli di quelle albioniche o scandinave?
Se pensate questo, allora di certo, scoprendo gli Opera IX è probabile che potreste cambiare idea; in caso contrario, comunque avrete supportato e vi sarete deliziati di un album certamente fuori dal comune e che non è "da tutti i giorni", anche se nessuno corre mai ad impalmarlo o a tesserne le sperticate lodi.

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