Quando Keith Jarrett era ancora adolescente, quando Bill Evans aveva già mostrato le sue qualità come session-man ma non aveva ancora esplicato appieno la sua potenzialità strumentale in veste di leader, quando i genitori di Brad Mehldau verosimilmente non si erano ancora neanche conosciuti, c'era già un pianista che in trio faceva faville: il canadese Oscar Peterson.

Questa registrazione effettuata in un locale di Toronto nel 1958 fotografa (da qui forse l'immagine della copertina) alla perfezione il suo stile, basato su una tecnica straripante ed un senso dello swing assolutamente impeccabile. Caratteristiche comunque asservite all'espressività musicale: la vulgata di una certa critica, che ha visto nel signore in questione un mostro di bravura il quale si produce in virtuosismi fini a sè stessi senza comunicare alcun feeling all'ascoltatore, a mio modesto parere non corrisponde assolutamente alla realtà.
Le note effettivamente zampillano dalla tastiera fin dal primo standard affrontato nella circostanza, la mitica "Sweet Georgia Brown", ma sempre all'interno di una cornice sonora precisa, definita dal contrabbasso di Ray Brown (mitico protagonista nella storia dello strumento per il suo solidissimo senso ritmico) e dalla chitarra di Herb Ellis, sei corde che supplisce magnificamente alla batteria, cimentandosi pure in alcuni assoli sparsi qua e là.

Tra le gemme di questa magnifica collana sonora, c'è sicuramente l'"Easy Listenin'Blues", digitato dal nostro con somma maestria, centellinando e distillando la composizione con un gusto veramente sopraffino, e la meravigliosa ballad "Moonlight in Vermont", immersa in un'atmosfera notturna di trasognata dolcezza (atmosfera da cielo stellato e baci appassionati, piuttosto che da buio pesto ed oscurità dell'anima).
E se la collana di cui sopra viene inserita in un magnifico contenitore (copertina plastificata apribile e libretto interno ricco di dati tecnici e fotografie), si comprenderà meglio di trovarsi in presenza di un prodotto quasi imperdibile. Su cui resta da aggiungere un particolare che riporta all'inizio del discorso. Il modo jarrettiano di accompagnarsi con la voce mentre suona (modo che gli ha attirato alcune critiche in quanto visto come un esibizionismo) è lo stesso che l'Oscar esaminato emette in questa performance di quasi cinquant'anni fa.

È proprio vero che "Nulla si crea e nulla si distrugge", neanche l'imperituro ricordo della suddetta performance, molto probabilmente.

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