The Hypstrz - 6654321 - 1979
HYPSTRZ – Live at The Longhorn (Bomp!)
Non furono i migliori. Ma i primi certamente si.
Gli Hypstrz nascono a Minneapolis dalla mutazione di King Kustom & The Cruisers, una band rockabilly che bazzica i locali della città. Ma nel 1976 decidono di spostare la loro attenzione verso gli anni Sessanta più o meno scuri.
In realtà non sono da soli. Perché in città c’è un’altra band che ama infilare vecchie cose dei Love e degli MC5 in mezzo alla loro immondizia punk. Si chiamano Suicide Commandos. Loro sono i veri pionieri della città.
Gli Hypstrz però vanno oltre. Loro sono una cover band, malgrado provino pure a scrivere tre o quattro pezzi (I Don‘t, This Had Gotta Be a Joke, Only a Matter of Time, Silverspoonpunkthunk) e infilarli in scaletta durante i concerti. Gli Hypstrz sono dunque i primi a comprendere il potenziale di brani come Talk Talk, Come See Me, Can’t Stand the Pain, Riot On Sunset Strip, Action Woman, You’re Gonna Miss Me, Surfin’ Bird, Little Girl, Don’t Look Back e a credere nel potere eterno dei vecchi classici della soul music come Hold On, I’m Coming, In the Midnight Hour, Papa‘s Got a Brand New Bag, I’ll Go Crazy.
In piena epoca punk gli Hypstrz fanno tutto da soli.
Ascoltano, imparano, suonano e si stampano in proprio un 45giri da vendere ai concerti e da proporre ai pochi cui possa interessare. E nel 1979, se suoni canzoni dei Pretty Things e dei Flamin’ Groovies, non puoi esimerti dal farlo sapere a Greg Shaw.
Greg accetta di distribuire il loro 45 giri e propone al gruppo di stampare un intero album dal vivo che documenti quel weekend al Jay‘s Longhorn da cui loro hanno estratto i quattro pezzi per l’E.P..
L’album degli Hypstrz esce nel 1980 col titolo di Hypstrization!: quindici pezzi tratti da quelle due serate del 14 e 15 aprile del 1979 e messi su nastro da Paul Stark. Per ascoltare le restanti quindici tracce occorrerà aspettare altri venticinque anni e la pubblicazione di questo Live at The Longhorn che mette dunque in fila 34 pezzi del periodo con l’aggiunta di tre brani suonati in occasione della reunion dell’anno precedente: The Witch dei Sonics, 7 & 7 Is dei Love, Are You a Boy or Are You a Girl dei Barbarians. Un documento storico fondamentale malgrado, come scritto in apertura, l’approccio degli Hypstrz non è quello assolutamente vintage dei Crawdaddys e nemmeno quello fortemente infettato dal punk dei DMZ (nonostante l’influenza punk sia evidentissima nelle tracce autoctone, in particolare per la Silverspoonpunkthunk scritta dal bassista Randy Weiss, NdLYS), per restare nella medesima epoca storica. Il suono degli Hypstrz è spurio, informale, poco fedele all’ortodossia delle garage band che verranno di lì a qualche anno, più vicina a certe intemperanze power-pop che in quegli anni bruciano l’underground americano. Un disco del tutto trascurabile dopo la pioggia di revival band che sommerse l’America di lì a poco ma necessario per immorta
HYPSTRZ – Live at The Longhorn (Bomp!)
Non furono i migliori. Ma i primi certamente si.
Gli Hypstrz nascono a Minneapolis dalla mutazione di King Kustom & The Cruisers, una band rockabilly che bazzica i locali della città. Ma nel 1976 decidono di spostare la loro attenzione verso gli anni Sessanta più o meno scuri.
In realtà non sono da soli. Perché in città c’è un’altra band che ama infilare vecchie cose dei Love e degli MC5 in mezzo alla loro immondizia punk. Si chiamano Suicide Commandos. Loro sono i veri pionieri della città.
Gli Hypstrz però vanno oltre. Loro sono una cover band, malgrado provino pure a scrivere tre o quattro pezzi (I Don‘t, This Had Gotta Be a Joke, Only a Matter of Time, Silverspoonpunkthunk) e infilarli in scaletta durante i concerti. Gli Hypstrz sono dunque i primi a comprendere il potenziale di brani come Talk Talk, Come See Me, Can’t Stand the Pain, Riot On Sunset Strip, Action Woman, You’re Gonna Miss Me, Surfin’ Bird, Little Girl, Don’t Look Back e a credere nel potere eterno dei vecchi classici della soul music come Hold On, I’m Coming, In the Midnight Hour, Papa‘s Got a Brand New Bag, I’ll Go Crazy.
In piena epoca punk gli Hypstrz fanno tutto da soli.
Ascoltano, imparano, suonano e si stampano in proprio un 45giri da vendere ai concerti e da proporre ai pochi cui possa interessare. E nel 1979, se suoni canzoni dei Pretty Things e dei Flamin’ Groovies, non puoi esimerti dal farlo sapere a Greg Shaw.
Greg accetta di distribuire il loro 45 giri e propone al gruppo di stampare un intero album dal vivo che documenti quel weekend al Jay‘s Longhorn da cui loro hanno estratto i quattro pezzi per l’E.P..
L’album degli Hypstrz esce nel 1980 col titolo di Hypstrization!: quindici pezzi tratti da quelle due serate del 14 e 15 aprile del 1979 e messi su nastro da Paul Stark. Per ascoltare le restanti quindici tracce occorrerà aspettare altri venticinque anni e la pubblicazione di questo Live at The Longhorn che mette dunque in fila 34 pezzi del periodo con l’aggiunta di tre brani suonati in occasione della reunion dell’anno precedente: The Witch dei Sonics, 7 & 7 Is dei Love, Are You a Boy or Are You a Girl dei Barbarians. Un documento storico fondamentale malgrado, come scritto in apertura, l’approccio degli Hypstrz non è quello assolutamente vintage dei Crawdaddys e nemmeno quello fortemente infettato dal punk dei DMZ (nonostante l’influenza punk sia evidentissima nelle tracce autoctone, in particolare per la Silverspoonpunkthunk scritta dal bassista Randy Weiss, NdLYS), per restare nella medesima epoca storica. Il suono degli Hypstrz è spurio, informale, poco fedele all’ortodossia delle garage band che verranno di lì a qualche anno, più vicina a certe intemperanze power-pop che in quegli anni bruciano l’underground americano. Un disco del tutto trascurabile dopo la pioggia di revival band che sommerse l’America di lì a poco ma necessario per immorta
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