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The Cynics - Blue train station

Apriamo anche il capitolo Cinici. Per il mio personale gusto garage- garagepunk, per me tra i migliorissimi.
Cavalcata devastante, dovrebbe essere una delle poche cover ma non so di chi, i nomi dei songwriters non mi dicono nulla, forse… ma chissene.

Il Reverendo ritiene il debutto inferiore ai successivi due. Non sono d’accordissimo o almeno non così nettamente. I due successivi probabilmente come pezzi sono qualitativamente ancora superiori, ma questo è un signor album.

Disilluso dalla scena punk locale dentro cui era cresciuto (quella attorno all’Electric Banana di Pittsburgh) e disgustato dal crescente movimento new-romantic, Gregg Kostelich decide di tornare alla purezza della musica dei sixties che aveva scoperto ancora ragazzino grazie ai 45 giri recuperati come refurtiva da un furto presso una radio di Canonsburg, la sua città natale. Decide così di formare gi Psycho Daisies con l’intento di emulare lo spirito di bands come Seeds, Music Machine, Blues Magoos, Alarm Clocks, Litter, Nightcrawlers e Sonics.

Ribattezzatisi Cynics e sostituito Mark Keresman (è lui a cantare sul 7” di debutto della band, NdLYS) con il nuovo cantante Michael Kastelic, ex cantante nei Wake, il gruppo è pronto per il suo album di debutto, pubblicato nel 1986 per l’etichetta personale della band, numero di catalogo GH-1000.

Accanto a Gregg e Michael ci sono il fido compagno Bill Von Hagen (il protagonista di Debt Begins at 20, cortometraggio di Stephanie Beroe che sviscera la nascita del movimento punk di Pittsburgh, NdLYS), un bassista che pare scivolato fuori da una copertina dei Redd Kross e la bella Beki Smith all’organo Vox. La stazione del treno blu è una delle tappe obbligate del rapido neo-garage degli anni Ottanta: voce sguaiata e un suono che barcolla tra calabroni fuzz (Waste of Time, copiata sul riff di That’s What You Always Say dei Dream Syndicate, Love Me Then Go Away), serpenti a sonagli R ‘n B (Blue Train Station, No Way, Hold Me Right, la cover di Road Block) e strisce di bava dei molluschi che abitano il giardino folk-rock dei sixties (On the Run). Poco e niente da buttare, non fosse che I Want Love l’avevano già fatta, meglio, i nostri Sick Rose e il confronto con la No Friend of Mine dei Fuzztones abbia sempre dato la meglio a questi ultimi costringendoci a rimandare all’incontro successivo l’appuntamento col capolavoro.
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