Alcune righe de "il Gattopardo", nelle ultimissime pagine, sono memorabili perchè Don Fabrizio vi riflette sulla sua vita, chiedendosi, dei settanta e più anni che risultano all'anagrafe, quanti ne abbia realmente vissuti: poco più di tre, pensò. Ma precisò che tutto il tempo passato a osservare le stelle (era appassionato di astronomia) non doveva essere messo in conto: era un assaggio, una pregustazione della pace eterna che avrebbe goduto nell'aldilà.

Ecco, le due ore di concerto che Paolo Conte ha regalato a Napoli il cinque sera (umidissima) sono state scampoli di paradiso (laicamente inteso), spicchi d'eternità. Mi si perdonerà se non fornirò l'esatta scaletta dei brani eseguiti, ma preferisco seguire l'ordine dei ricordi, secondo un grado crescente d'intensità. "Alle prese con una verde milonga", con una sezione ritmica più ricca, mi ha conquistato più di quanto non avesse fatto la versione sul cd, testo a parte, incomprensibile come pochi. "Come di", stupendamente ricca di swing, omaggio indiretto al pubblico di napoli ("..come di orchestra illusa a Napoli.."), ha fatto ondeggiare le cinquemila (?) persone ospiti all'arena. "boogie" dal vivo è stata suonata esattamente come era sul cd, mentre Max è stata un vortice boleriano senza fine che è poi sfociato nelle prime note indimenticabili di "diavolo rosso", il pezzo più applaudito della serata, anche per la straordinaria sudata del chitarrista Daniele Dall'Omo.

Genova per noi, per sola voce e piano, è stata accolta da applausi scroscianti sia prima che dopo, ma l'apice s'è toccato con "sotto le stelle del Jazz", ascoltata in religioso silenzio dall'uditorio, a parte gli immancabili sibili sui lunghi " jazzz. . . " di Paolo Conte. Bartali ha suscitato qualche risolino beffardo ("e i francesi che s'incazzano, che le balle ancora gli girano"), sparring partner ha affascinato, via con me ha trasportato il pubblico in un sogno profondo, una danza segreta e tutta interiore. Frammiste alle altre lo zio, gioco d'azzardo, molto lontano e elegia. Ha concluso con la vecchia giacca nuova per poi ritornare sul palco e riproporre via con me a doppia velocità coinvolgendo il pubblico sul refrain.

Salutato da applausi interminabili è tornato dopo pochi minuti sul palco acclamato a gran voce, e qui con un gesto inequivocabile (kaputt) ha fatto capire di non averne più, per il caldo umido e per una più che comprensibile stanchezza digitale. A lui la certezza di non venir sgridato neanche a Minneapoli, a noi un gustoso sapore di jazz sul palato...

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