Il concetto di “bellezza”, quella sensazione piacevole che attribuiamo a cose o persone tramite le qualità percepite dai cinque sensi, è sempre stato studiato e analizzato dalla filosofia. Per Aristotele e Platone il bello è il “Vero”, per Vico è il “Fatto”, per Kant addirittura viene diviso in quattro categorie, ognuna con caratteristiche ben diverse.
Qual è invece il concetto di “bellezza” secondo Paolo Sorrentino, regista italiano che ha scelto questo enigmatico titolo per il suo nuovo film? Può essere per caso Roma, la Città Eterna, fotografata meravigliosamente nella pellicola, una città magnifica come poche altre, sublime e divina? O forse la bellezza di Sorrentino è la vita stessa, che passa frenetica e impetuosa regalandoci estreme sofferenze e allo stesso tempo indimenticabili gioie? No, forse la “grande bellezza” è il potere, quella forza tutta umana che permette di aprire le porte dei palazzi più belli di Roma al lume di candele, che permette di passare da una festa all’altra vivendo la notte nella mondanità più frenetica, attorniato da politici, preti, intellettuali di sinistra, artisti falliti, soubrette, spogliarelliste, proprietari cocainomani di night club, aspiranti attrici senza cuore e ragazzine frustrate e sottomesse dai propri genitori.
Il film di Sorrentino è un viaggio nel cinema, un piccolo manuale su come fare un ottimo film. Con i suoi difetti, certo, la sua eccessiva lunghezza, la sua presuntuosità, le sue trovate troppo estetiche e barocche che finiscono per toccare il ridicolo, ma pur sempre un ottimo film. Una pellicola perennemente sospesa fra il capolavoro assoluto e il film non riuscito, che ci regala surrealismi e immagini oniriche di sapore felliniano, senza però perdere nulla dell’originalità del suo autore. La storia che ci viene raccontata sembra appartenere a uomini lontani, che vivono nelle sfrenate serate della dolce vita romana, ubriacate da soldi e sesso. Ma presto, in un’analisi psicologica attenta e quasi maniacale, quella stessa storia diventa universale, ci tocca nel profondo, diventa quasi la nostra storia, come se quelle che vediamo sullo schermo fossero le immagini della nostra vita. Perché Jap Gambardella, 65enne scrittore e giornalista, scopre ben presto che la sua esistenza, fatta di notti danzerecce e di giornate sonnolente, è in realtà un’esistenza vuota, triste, che ha bisogno di trovare un tassello importante affinchè venga vissuta davvero. E quante volte ci è capitato anche a noi di sentirci vuoti, impassibili di fronte alla vita, impotenti perché sentivamo che qualcosa mancava? Ecco allora che Jap diventa uno di noi, un uomo alla ricerca della “grande bellezza”, che non è affatto il potere o Roma o la vita stessa, ma è la frenetica e vitale ricerca di quel tassello che ci farà sentire davvero vivi, uomini e donne completi, felici, appagati. Jap troverà la sua “grande bellezza” in un amore lontano, quasi dimenticato, consumato di fretta alla luce di una splendida Luna, con il rumore del mare che si infrange sugli scogli in sottofondo. Tutto questo sottolineato da un mostro vivente, quello che personalmente ritengo il miglior attore in vita al Mondo, un Tony Servillo che allo stesso tempo è acido e dolce, sognante e realista, sicuro di se stesso e insicuro della sua vita, coraggioso e debole.
Riusciremo a trovare la nostra “grande bellezza” scavando dentro di noi, analizzando tutti gli aspetti della nostra vita, senza pregiudizi né rancori? Sorrentino ci dice che è possibile, basta solo cercare bene. Anche perchè, come dice il mago nella scena della giraffa, tutto quello che ci circonda “è solo un trucco”.
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Altre recensioni
Di Suonoonous
"Il film è tanto curato stilisticamente quanto povero di sostanza."
"Il film è sincero in almeno un aspetto: tratta del nulla con un linguaggio che gli si addice."
Di jude79
Il film in se è una Grande Marchetta e l’Oscar il suo compenso.
La meschinità e la superficialità che Il Sorrentino regista irradia a perdita d’occhio tra figure umane e spazi fisici.