La prima produzione “made in U.S.A.” di Sorrentino, ci si presenta come un “romanzo di formazione”.
-Accusa: Cheyenne, uno Sean Penn magistrale nei panni di una rockstar in disuso intrappolata nel proprio personaggio mediatico, ha 50 anni.
-Difesa: per citare quel gran 50enne di nome Mike Watt, “la vita è fatta per imparare”.
La deprimente routine quotidiana del protagonista viene rotta dalla notizia del destino di suo padre: “morto di vecchiaia, una malattia che non esiste”.
Dal goth alla Shaoh il passo può risultare meno lungo di quel che si potrebbe credere, se tuo padre ha un numero di telefono falso tatuato sul braccio.
Il nostro anti-eroe si trova, più o meno volente, a proseguire una ricerca cominciata dal (a sto punto fu) padre.
E siamo in una sorta di road-movie, durante il quale conosciamo una galleria di umanità fragile e marginalizzata.
Immagini e storie che, raccontate con “leggerezza calviniana” (nel senso di Italo!), danno lentamente delle risposte, incluse quelle che mancano a Cheyenne per poter abbandonare una maschera che ormai non lo rappresenta più ed essere sé stesso.
O almeno provarci (che non è comunque poco, a 50 anni come a 11).
Due ore di superbo storytelling per immagini che, col ritmo crescente di una palla di neve, tra dialoghi brillanti, riflessioni illuminanti, magnifiche prove di recitazione e una regia magistrale, ci regalano un piccolo-grande capolavoro.
Carico i commenti... con calma
Altre recensioni
Di simakiku86
Sorrentino dirige una storia banale, vista e rivista; un viaggio alla ricerca di se stessi, e lo fa anche male, con una regia piatta, che non decolla mai.
Le immagini dei cadaveri ammassati di Auschwitz strizzano gli occhi a un sensazionalismo da terza elementare.