Mi trovo a recensire una vera e propria rarità, per me assoluto pezzo da collezione. “Old Friends From Young Years”, il primo album non ufficiale dei Papa Roach, cioè il lavoro che precede “Infest” prima lavoro del gruppo su major.

Nel complesso è un miscuglio di sonorità, che definirei assolutamente “grezze”, soprattutto vocalmente. Gli undici pezzi (esclusa la intro) sono il preludio di quello che sarà l’album successivo, si possono cogliere infatti i primissimi passaggi di rapping e grida stridule di Shaddix e i sentori delle già ottime corde di Jerry Horton e Tobin Esperance e della scoppiettante batteria di David Buckner. In tutto il lavoro ho trovato somiglianze con pezzi facenti parte dei primissimi lavori di Staind (Tormented), Limp Bizkit (Three Dollar Bill Yall) e Linkin Park (Hybrid Theory EP); cosa comprensibile dato che il periodo di uscita dei tre album è più o meno il medesimo ed è peraltro proprio allora che è iniziato ad impazzare il nuovo binomio metal/rap, che dopo dieci anni resta comunque ancora di moda, conservando però nelle origini i pezzi migliori.

Le tracce variano tra di loro, pur essendo accomunate da una rabbia smisurata del vocalist nel proporre i testi. Coby Dick(a.k.a. Jacoby Dakota Shaddix) urla con una voce che graffia e stride, che è ancora lontana dal bel “ruggito” che inizierà a sfoggiare con “Infest”, anche se già ci dimostra di che pasta è fatto. Si passa da “Orange Drive Palms” e “Liquid Diet”, entrambe molto potenti, alla caotica e pazza “Grrbrr”, che inizia con un vero e proprio delirio vocale che sfocia poi in un frenetico rapping sorretto da riff striduli ma potenti, “Isedufukndie” e “Dirtycutfreak” proseguono analogamente con la stessa frenesia per lasciare posto a “Living Room”, pezzo esclusivamente musicale, che alle corde di Horton ed Esperance strimpellate svogliatamente unisce una lenta base elettronica. I successivi pezzi “829”, “Peewagon” e “Hedake” sono tutti accomunati da ulteriori basi aggressive guidate dalle urla di Shaddix, che lasciano spazio anche se in minima parte ad un cantato più disteso e quasi sussurrato.

Ci si avvicina alla conclusione con “Shut Up N Die”, pezzo che ricorda assolutamente lo stampo di Joseph Hahn e Mike Shinoda dei Linkin Park, dato che si tratta di un pezzo esclusivamente rappato su base mixata; non uno stile proprio dei Papa Roach degli anni a venire (se non per il rapping del seguente lavoro), se non limitatamente al periodo di questo album che, come già detto, vede scelte condizionate da influenze molto forti del momento. “Thanx” chiude l’album e come si intende dal titolo, si tratta di un pezzo spoken word, fatto di ringraziamenti vari guidati dalla voce di Shaddix e compagni. Concludendo direi che questo album “ufficioso” dei grandi Papa Roach, fa parte di quei lavori un pò particolari, anche difficili da valutare in un certo senso ma che incuriosisce molto, anche perchè è il preludio di quello chè sarà ed è un già confermato successo. Il talento si carpisce già da un album come questo, che se pur grezzo nella sua totalità, racchiude molto talento ed anche se difficilmente potrebbe fare tappa fissa nel proprio lettore cd, è comunque apprezzabile.

D’altronde da qualche parte bisogna pur cominciare e se si dice meglio un uovo oggi che una gallina domani, beh, i Papa Roach hanno avuto entrambe le cose. E noi ce li godiamo.

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