Nell'attesa del nuovo lavoro previsto per settembre, questo live registrato allo Shepherds Bush Empire di Londra il 26 gennaio del 1998, e immesso sul mercato nell'anno successivo da Music For Nations, testimonia la fase decisiva e per certi versi più delicata della band di Halifax.

Strano gruppo i Paradise Lost, band seminale del movimento death/doom nei primissimi anni novanta assieme ai connazionali Anathema e My Dying Bride (gli svedesi Katatonia fanno storia a sè...), e stranissime testoline il lunatico singer Nick Holmes e il dark master Gregor Mackintosh. Non dev'essere facile, crediamo, convivere con un passato importante e ingombrante, e con l'etichetta di inventori di un genere, il gothic metal, che ti resterà cucita addosso per il resto dei tuoi giorni. Perciò, almeno dal 1991 (Gothic) qualsiasi cosa i Paradise Lost abbiano in seguito partorito puntualmente ha spaccato in due critica e pubblico. Eh, perchè strani sono anche questi benedetti metallari che non sono mai contenti, e che vorrebbero dal gruppo preferito una serie di album in fotocopia. I Paradise Lost fortunatamente si sottraggono a questa logica perversa e rivendicano da subito una libertà creativa che ha pochi uguali nel music business. Chi, infatti può dire che un loro album (alcuni più riusciti, altri meno) somigli a quanto fatto in precedenza? Nessuno di buon senso, suppongo. Nel bene o nel male, perciò, va riconosciuto a questi ragazzi se non altro il coraggio di non essersi adagiati sugli allori e di aver operato anche delle scelte oltremodo coraggiose e inaspettate. Come quella di passare da Music For Nations alla major Emi e licenziare il "depechemodiano" Host nel 1999; album stupendo a parere del sottoscritto, ma vera e propria pietra dello scandalo fra i fans più reazionari.

Bene, questo concerto dal tour di One Second fotografa esattamente il momento precedente a questa svolta; e porta chiarissimi i segni della strada su cui il gruppo si sarebbe incamminato a breve. In 74 minuti (pochini...) diciotto brani, di cui la metà pesca dall'ultima, omonima, fatica in studio. Abbiamo perciò già la presenza dei campionamenti (in seguito maggiormente utillizzati) in "Blood Of Another", in "Disappear" (orrenda, a mio avviso), nelle splendide e glaciali "Lydia" e "The Sufferer", e nelle restanti ("Say Just Words", "Mercy", "Soul Courageous", "One Second", "This Cold Life"); ma è ancora nei pezzi più vecchi che i Lost sembrano meno "incartati" e più a loro agio. Quattro episodi da Draconian Times ("Hallowed Land", "Shadowkings""Forever Failure""The Last Time"), e altrettanti da Icon ("True Belief""Dying Freedom""Remembrance", "Embers Fire"); infine "As I Die" come unica perla da Shades Of God, ci consegnano l'immagine di un gruppo che in quel momento forse cerca di scrollarsi di dosso il proprio passato. Può sfuggire, infatti, che proprio Gothic non venga eseguita? Per fortuna, in seguito gli inglesi troveranno un giusto bilanciamento e un equilibrio che in questa fase sono ancora assenti.

Altra nota dolente, ognuno suona in maniera impeccabile (ah, quanto manca Lee Morris alle pelli!!), ma soltanto il piacione Aaron Aedy alla chitarra ritmica sembra veramente coinvolto. Gli altri, in primis Nick Holmes fanno il loro compitino e nulla più. Chi conosce i Paradise Lost sa comunque che non concedono mai nulla ad uno spettacolo più che la loro musica, e che Nick poi non è propriamente un intrattenitore. Le sue parole anzi fra un brano e l'altro si contano letteralmente sulla punta delle dita, e il più delle volte (confermo dopo averli visti dal vivo) sembra decisamente scazzato e sottotono. Così in questo live. Troppa Guinness, Nick?!?

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