Ciao ragazzi!

Visto che il mio ritorno in ambito musicale è stato gradito, credo non sia male concludere la settimana tornando a riflettere, con e per voi, di cinema italiano “minore”, ripartendo più o meno da dove ci siamo lasciati: ossia Renato Pozzetto e il suo cinema. Che io ami Renato fin da ragazzino, e che ci siano tante ragioni per farlo, non credo ci siano dubbi. Che anche voi lo possiate apprezzare, o recuperare, a seconda dell’età e dell’esperienza, credo sia scontato dire.

Mi sgranchisco un po’ dopo anni che non scrivo di cinema con questo piccolo capolavoro misconosciuto, che compone un dittico ideale con il più celebrato e noto “La patata bollente” (’79), sempre a firma Steno. Se, in quello, veniva in gioco con straordinaria modernità – rispetto all’epoca, ma non solo – il tema dell’amore omosessuale, a mio parere superando anche il macchiettismo de “Il vizietto”, con “Nessuno è perfetto” del compianto Pasquale Festa Campanile (’81) tocchiamo davvero l’apice, visto che ad essere sdoganato è niente meno che il transessualismo ed il transgender. Leggete bene: 1981, quando all’epoca si parlava a stento di omosessualità ed il transessualismo era sovrapposto al travestitismo.

La trama, per prima cosa: Guerrino, vedovo della bella moglie, continua ad abitare nella splendida villa di famiglia a Bergamo alta, dividendo la sua vita fra l’industria vitivinicola in abbandono, gli amici del centro storico, piccole incombenze quotidiane. Fra esse, spicca la visita al cimitero dove è sepolto il suo amor perduto. Nella villa abita pure la lubrica suocera di Guerrino - una grandissima Lina Volonghi – con cui il nostro si accoppia di tanto in tanto, giusto per (non) perdere la mano. Già in questo credo si capisca di essere fra Boccaccio, Gogol e Piero Chiara. Ma c’è di più.

La vita del nostro cambia completamente quando, in trasferta a Milano, conosce la bellissima Chantal (una fascinosa Ornella Muti), di cui presto si innamora sino alla convivenza. Convivenza che, se da una parte trasforma completamente Guerrino nello spirito e nel corpo, nel sensuale quotidiano come pure nel rinnovato impegno aziendale, dall’altra crea non pochi grattacapi, sia verso la suocera rimasta sessualmente inappagata, che verso gli amici del centro, assai invidiosi della fortuna occorsa al protagonista. A complicare in maniera del tutto spiazzante le cose, giunge la casuale scoperta che Chantal ha un passato nei paracadutisti, all’epoca non ancora aperti a soldati donne. Sicché, delle due l’una, fino a scoprire che la tanto amata Chantal è/era… uno! Altro non dico per non togliervi il gusto e la sorpresa di vedere come va a finire.

Preferisco, invece, dedicare qualche riflessione al tema del film ed alle ragioni per cui, con l’andare degli anni, si sta rivelando un vero classico: non voglio aprire dibattiti, specie con chi mi segue “dal vivo” – saluto tutti gli amici del bar, tra l’altro! -, ma nel corso dei decenni “Nessuno è perfetto” rischia di essere preferibile a “La patata bollente”, tranne che per la prova attoriale di Ranieri e la fulgida Fenech, sempre preferita alla Muti.

Se molti registi si cimentano con la sessualità ed i suoi lati oscuri – pensiamo a Von Trier con il bel Nymphomaniac, ma pure ai vari Losey e simili, per non dire Ferreri fra i nostri. E tralascio Brass, chiaro – non è sempre detto che l’approccio intellettualistico al fenomeno sia il migliore, dato che il rischio è quello di rendere il racconto un po’ troppo cerebrale e, mi si passi il paradosso, frigido. Al che, l’unica via d’uscita è lo sbraco del maestro veneziano.

Qui si riesce, invece, nel miracolo dell’opposto: chiaro che non c’è una diretta rappresentazione della sessualità, solo suggerita e colta nei suoi effetti benefici, ma tutto ruota attorno alla sessualità del protagonista, afflitto da varie fobie o parafilie. La visita al cimitero ed il perdurante amore per la moglie sembrano quasi una visita all’Ade, memore del mito di Orfeo ed Euridice, ovverossia del rischio di rimanere bloccati nella contemplazione inerte e pietrificata, sepolcrale, del passato; al contempo, la sessualità vissuta con la suocera non nasconde, né potrebbe, un evidente riferimento edipico, qui diluito, ma anche complicato, dal fatto che l’oggetto della sessualità vissuta e praticata in una sorta di quiete domestica, è la madre della moglie morta.

Viene quindi indirettamente evocato, pure nella descrizione degli ambienti, lo spettro (è il caso di dirlo) della necrofilia, qui intesa in senso simbolico più che fisico come contemplazione della morte come unica speranza per ricongiungersi ad un passato che non è, non è più, non sarà mai. Non a caso la stessa sessualità è vissuta in maniera tale da evitare e quasi scongiurare la perpetuazione della specie, data la sterilità della suocera anziana.

L’erompere del personaggio interpretato dalla Muti appare, quindi, come la nascita di Afrodite dalle Acque o una Primavera di Botticelli gravida di sensualità promesse maternità, ossia apertura verso il futuro, fiducia nei confronti di un avvenire che può rappresentare l’estate della vita, garantire la perpetuazione della specie, la stessa continuità aziendale. Un avvenire sfuggito e respinto, sepolto con la moglie morta, risorto con la nuova compagna.

Se ci si fermasse qui, ci si porrebbe nella tipica prospettiva della storia d’amore come occasione di rinascita e crescita. Ma si sa che Eros scuote l’anima ed il corpo con percorsi non sempre usuali. Nel nostro caso, il dardo fa innamorare lui di una lei che si rivela infine un lui, mettendo il personaggio interpretato dal Renatone nazionale al centro della scelta tragica fra forma e sostanza: amo lei, ne sono attratto, ma poi scopro che non è “lei”, ma altro, e quindi a chi devo credere? Alla forma intesa come apparenza, come eidos, oppure alla sostanza intesa come ciò che non muta, al di là del fenotipo?

Ecco che l’amor carnale provato per la Muti diviene un viatico per la scoperta di sé, per una metamorfosi interiore del protagonista che fronteggia una deuteragonista già metamorfizzata, ed, al contempo, come una via iniziativa che porta dall’amor sensuale a quello spirituale ed oltre.

Un film coraggioso, e più profondo di quanto non appaia, dunque. Ma, soprattutto, un film che oggi 2015 nessuno avrebbe il coraggio di girare, in Italia. E quasi nessuno di recensire. Ma nessuno è perfetto!

Perfettamente Vostro

Il_Paolo

Carico i commenti... con calma