"Il tuo mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia" cantavano i nostri trent'anni fa.

Oggi parafrasando diremmo che è "un pianoforte che ti stuzzica le orecche". In effetti, sentire molte di queste canzoni reinterpretate al pianoforte da uno dei leader storici della band milanese, un certo effetto lo fa. Come restare indifferenti a certe emozioni che pensavamo morte e sepolte (assieme al cantante degli Area, il compianto Stratos, sempre sia lodato) che qui affiorano tra le centinaia di note a ricordarci un passato epico, gioioso e rivoluzionario ormai troppo lontano per essere soltanto avvicinato e compreso dalle nuove generazioni. Questa reinterpretazione classica, registrata nel castello di Maenza nel 2004, in una cornice quasi commemorativa, salottiera e un po' borghese stride un po' con la natura "selvaggia" e arrabbiata di queste composizioni, che nascevano proprio per combattere tutto questo.

Però si sa, il tempo cambia molte cose, smussa gli angoli, ammorbidisce i toni e anche davanti a questa piccola incongruenza non resta che elargire un benevolo sorriso, a ricordarci quei bistrattati anni '70 che "avevano molto da dire" perchè si pensava "ci fosse molto da fare".
E tra un tributo e una rielaborazione molto free, ecco che traspare qua e là un riff, una melodia che ci fa sobbalzare il cuore (su tutte "La mela di Odessa") ma dura solo pochi attimi. Il tempo di risederci tranquilli a riascoltare queste storie di rivoluzioni mancate e renderci conto che le stesse rivoluzioni sono state digerite, masticate e rielaborate, oggi buone soltanto come icone pseudo-commerciali per i Festival dell'Unità o come gadget di qualche testata in edicola.
Con buona pace di Demetrio e di tutto quello in cui credeva davvero.

Carico i commenti...  con calma