Arrivo al teatro Manzoni in anticipo e mi accorgo subito di una cosa, tra il pubblico eterogeneo (non poteva che essere così data la statura del personaggio) scorgo più trentenni che cinquantenni, meglio così mi dico. Il mio posto in galleria è scomodo e inoltre scopro che c'è il divieto di fare foto (come vedete non è servito).

Buio in sala, parte l'attacco liturgico di "Privilege" ed ecco che la scarna figura di Patti avanza sul palco afferra il microfono e getta il cappello come a dimostrare chi è ancora la sacerdotessa del punk che infiammava le platee degli anni settanta. E da quel periodo spuntano i suoi fedeli angeli custodi: Lenny Kaye alla chitarra e Jay Dee Daugherty alla batteria. Completano l'organico Oliver Ray alla chitarra ritmica e Tony Shanahan al basso.
Passano davanti ai nostri occhi come affreschi non toccati dal tempo la danza reggae di "Redondo Beach", il lamento di "Pissing in a River", l'ipnotica "Ghostdance"; tra i nuovi pezzi si segnalano la robusta "Cash" e "Mother Rose" che Patti ha dedicato a sua madre Beverly ed è proprio il suo fantasma che appare nello schermo dietro la band, primo di una serie che comprende anche Gandhi e Toro Seduto.

Mentre mi lascio coinvolgere dal clima sempre più surriscaldato la poetessa inizia a parlare; ci ricorda che è venuta qui in questa città esattamente 25 anni fa nel 1979 poco prima del suo ritiro dalle scene e del fatto che non dobbiamo perdere la speranza nel cambiamento. Questo in me sembra sortire l'effetto opposto, è come se una sorta di illusione fosse scivolata via dai jeans strappati di Patti e mi ricordasse che questo è il Manzoni non il CBGB che questa è Bologna, non New York (anche se ormai più inquinata della grande mela) e che cantare "People Have The Power" in un mondo in cui la maggior parte delle persone sta perdendo i propri diritti è un controsenso.
A togliermi da questo stato mentale arriva un'addetta del teatro la quale ci informa che noi della galleria possiamo occupare i posti liberi della platea.

Non sono ancora convinto a scendere ma proprio in quel momento Patti sta letteralmente ballando a piedi nudi sulle note di "Dancing Barefoot", intanto alcune persone hanno lasciato il loro posto a sedere per accostarsi al bordo del palco. Mi avvicino timidamente anch'io e qualcosa in me si ridesta, lo vedo riflesso negli occhi accesi delle ventenni che stasera hanno deciso di essere qui piuttosto che seguire i vuoti personaggi di MTV.

Il finale è da fuochi d'artificio, da "Because the Night" si finisce in "Gloria", sei lettere scandite con tutto l'orgoglio e la dignità possibile che mi fanno credere che stasera c'è ancora la magia del 1979 sperando che il futuro non ci riservi 1984.

Carico i commenti...  con calma