Secondo alcuni le critiche migliori sono quelle che provengono dall'interno. Haggis dopo i pregiudizi razziali di L.A. (Crash, 2005) ci racconta una storia cruenta tratta (e poi rielaborata liberamente) da fatti realmente accaduti. Ma attenti a non cadere in errore: non si tratta di un giallo-thriller alla mera ricerca della verità. La tensione e le scene paurose, infatti, non ci sono. Alla fine si farà luce su un caso di omicidio, ma questo è secondario perché l'intento della pellicola è di affrontare un tema scottante (la guerra in Iraq) prendendo in esame un uomo. Non un uomo qualunque, bensì un ex-militare in pensione: un favoloso ed espressivo Tommy Lee Jones. Questi inflessibile, rigoroso e forgiato da una vita dedita alla nazione va alla ricerca del figlio tornato negli USA dopo 18 mesi passati in Iraq e divenuto misteriosamente irreperibile.

Hank (questo il nome del padre) dopo un giorno di vane ricerche nei pressi della base militare viene avvisato del fatto che il figlio Mike è stato trovato brutalmente ucciso con 41 pugnalate, smembrato, bruciato e dato in pasto agli animali. Impassibile, freddo e granitico affronta con razionalità disarmante la situazione. Riesce a fare questo perché crede fermamente nei suoi ideali. Sa affrontare il dolore più grande come la morte di un figlio: una situazione vissuta 10 anni in un incidente durante una simulazione militare. Hank è una persona che crede che il nemico debba essere affrontato con coraggio, senza alcuna paura, per quanto questi possa apparire terribile. Proprio come fece Davide nella valle di Elah contro il terrificante Golia.
La moglie, (figura di secondo piano per la sontuosa Susan Sarandon), è invece distrutta dal dolore per aver perso non uno, ma tutti e due i suoi figli nell'ambiente militare e si lascia andare in una scena altamente drammatica nella quale maledice il marito prima di ritrovare un minimo di compostezza.
Tornando a Hank. Dicevamo che non è impressionato dal crudele e feroce assassino di suo figlio e il suo unico intento è trovare giustizia: non trova il tempo per cedere al dolore, ma cerca di ricomporre il puzzle delle ultime ore di vita di Mike quasi fosse l'unico modo per dargli una morte onorevole. Ma come già detto il film non è un giallo e quindi non ritengo sia utile rovinarvi la trama. Vi basti sapere che nella sua ricerca della verità trova l'aiuto della bellissima Charlize Theron che interpreta con grande intensità (e con un cerotto sul naso per metà film) il ruolo di una poliziotta frustrata per il lavoro e l'ambiente maschilista che la circonda.

La pellicola scorre con un ritmo lento affrontando temi quali i pregiudizi razziali, la tortura, l'abuso di droga ed alcool che permeano l'ambiente militare americano e quando, piano piano, si intravede e prende forma la verità il padre comincia a crollare perché le sue basi non ci sono più. Il problema non è tanto che suo figlio è morto: quello lo potrebbe accettare come è successo 10 anni fa. Il problema è che il sistema di valori sul quale ha basato la sua vita è caduto. Per questo alla fine del film la bandiera statunitense, che ha onorato per tutta un'esistenza, sente di doverla mettere al contrario: sintomo di richiesta d'aiuto internazionale. Davide ha paura di combattere Golia.

Un film di denuncia essenziale, senza eccessi, che non ho trovato essere retorico nel lanciare un messaggio forte e chiaro. A voi coglierlo affrettandovi a guardare al cinema questa bella pellicola, non troppo lunga, ben interpretata e confezionata.      

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