Molto freddo, una coda interminabile nella nebbia di una domenica che per me è speciale più che mai per la sua importanza. Un concerto di Paul McCartney. Non è semplice fanatismo, ma è il rendersi conto dell'importanza della persona che tra poche ore si vedrà in carne ed ossa...Vedrò un signore anziano sicuramente, il biglietto è caro e molti mi direbbero che ha fatto il suo tempo e vive di rendita di un passato più che glorioso. Tutti questi punti sono ragionevoli ma lui è Paul McCartney, la cosa più grande che la musica popolare abbia mai conosciuto, è ancora vivo, suona dal vivo e allora perchè non andarlo a vedere e sentire certi classici direttamente dalla bocca di chi li ha creati dopo anni passati a sentirli e risentirli su cd, youtube, vinili, cover band e dvd?

Più o meno puntuale alle nove inizia il concerto e l'ex Beatles sale sul palco seguito dalla sua band. Si parte con "Hello Goodbye" e dal centro del parterre dov'ero tutto sembrava un dvd. Immerso in quelle strofe ora mai entrate nel dna di tutti ci si lascia trasportare da quella voce e da quel suono che sa di un passato ora mai finito che ha lasciato le sue traccie impresse nell'immaginario collettivo. Una volontà musicale, una freschezza e una competenza che fa parte di un modo di far musica che oggi ha lasciato il posto alla mediocrità e all'impressionismo oscuratore della cosa prima di un concerto: suoanare.

Non siamo certamente ad un concerto blues o prog, siamo davanti al POPOLARE per eccelenza, accogliente, semplice e artistico allo stesso tempo. Persone sulla cinquantina con le lacrime agli occhi perchè questa è la dimostrazione che sono invecchiati e per noi giovani l'amarezza di esserci persi tutto il meglio. Il suono è bello, Paul ha un'ottima voce, la band è eccezionale e i cori sono stupendi (forse la cosa migliore dal punto di vista tecnico della band).

Si vede un viso giovanile in un corpo che si muove da vecchio, perchè Paul è invecchiato. Si sente anche nella voce, si vede nelle dita mentre suona il basso. Ma c'è spirito, c'è il rock. Quello delle platee ferme immobili ad ascoltare e non semplicemente a muoversi e saltare senza capire cosa fanno quelli per cui si è speso soldi e tempo. Un Dio fra i mortali sembrerebbe, ad ogni parola un applauso e ad ogni canzone un boato.

Tanti i classici dei Beatles in scaletta, dediche a Harrison e Lennon e lui li ancora vivo a godere dei frutti di una musica che non ha tempo. Perchè di vecchi ieri sera c'era solo la faccia di McCartney. Questa scaletta è immortale, attuale, passata e semplicemente unica. Nessun artista può salire su un palco a fare trenta sei canzoni di cui trenta classici e averne tralasciate così tante da dare quel sentimento di nostalgia a 12000 persone che avrebbero voluto tanto ancora.

Ci si sente ripagati di tutto il prezzo del biglietto e del freddo quando ti accorgi che sono passate tre ore sulle note di "The End". TRE ORE. Tre ore di concerto fatte da un "Vecchio che non ha più nulla da dire?" Ebbene si.

Che Paul McCartney abbia canzoni stupende da suonare con una band ovviamente fantastica è cosa ben risaputa. Ma allora che senso ha per tutti quanti i musicisti oggi un concerto così ovvio?

Qui si impara come la vera musica si è fatta, qui si impara a rispettare le platee, qui si impara ad invecchiare da musicista ricco e famoso, qui si impara che cos'è la musica come arte di massa.

Insomma stiamo assistendo agli ultimi colpi di una generazione musicale che piano piano scompare e ci lascia un enorme vuoto e ancora tanto ha da insegnare.

Grazie Paul per la bella serata. Ho vent'anni e niente mi ha mai emozionato di più di quella "Here today" dedicata a Lennon. Voi due chiusi in una camera a scrivere canzoni che ti hanno portato lì ieri sera davanti a me ed altri a ricevere applausi più che meritati.

Grazie. 

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