Stanno bussando alla porta del camerino... è ora di andare. Un profondo respiro di incoraggiamento fa sempre bene anche se di esperienze del genere ne ho vissute molte. Negli ultimi anni non mi è andata bene per la verità. Ho scritto troppe frivolezze e pochissimi pezzi riusciti. Con tutte le probabilità mi sono sentito troppo sicuro di me, troppo presuntuoso e la critica mi ha giustamente lapidato. Non devo più farlo in futuro. Almeno ci proverò. Se faccio appello alla mia memoria mi rendo conto che nell'ultimo lustro ho fatto poche cose di buon livello. "Pipes of peace", ma solo la canzone, quell'altra mezza uscita con Michael Jackson, "No more lonely nights", forse "Spies like us", "We all stand together" e "Once upon a long ago". Ho fatto troppo poco in effetti. I postumi della morte di John mi stanno consumando. Devo tornare tra la gente, sposarmi di nuovo con loro, magari sfruttando l'onda benevola di "Flowers in the dirt" che mi sta dando delle belle soddisfazioni, devo dire.

E' ora di andare ragazzi, andiamo ad espugnare l'arena, accidenti! Un gridolino in vorticoso crescendo mi parte dal diaframma, lentamente. Sento pulsare le vene ai polsi e al collo. Devo liberarmi di questo lustro malsano, devo liberarmi... Liberiamoci! Voliamo verso il pubblico che acclama! E il nostro urlo si fonde nel cielo con tutto l'amore possibile plasmandosi con le voci della gente.  Fiamme di magnesio bruciano gli spalti e l'emozione usurpa il trono alla tensione. Energia agli strumenti e pronti a fulminare la platea! C'è bisogno di magia stasera! Questa notte non può rimanere anonima!

Rinfreschiamo l'aria con qualche successo recente partiamo con "Figure of eight", attraverso "We got married" passando per "This one" e la folla comincia ad avvertire quella strana atmosfera che ti fa sentire a casa attorniato dai migliori amici di sempre. Quella grande famiglia che si confida con le tue stesse parole, ascolta le tue stesse note e non si pone mai in contrasto con le tue idee condividendo senza traccia di gelosia il tuo stesso amore. Quel sodalizio inossidabile che non richiede contratti, vincoli, compromessi. Quella magia che ti avvolge con dolcezza e che ti culla con l'identica leggerezza di placide onde marine.

Esplosioni di luci scintillanti, variopinte nuvole profumate, ugole in movimento che chiamiano George, Ringo e John! Facciamo fluttuare i ventricoli di questa meravigliosa platea, tuffiamoci nel più entusiasmante degli amarcord e cerchiamo di creare atmosfere da Shea Stadium! "Birthday", "Things we said today", "Can't buy me love"... Hey! Voglio sentire gli strumenti in prova e il brusio del Sgt. Pepper's, occhio alla grande speranza di Martin Luther King nell'intermezzo di "The fool in the hill", nessun incipit per "Let it be", deve essere un'incursione estemporanea da cardiopalma! Luminosissimi effetti speciali con le imponenti esplosioni di fuochi e laser per "Live and let die" e la bandiera dell'Unione Sovietica con qualche ritocco floreale al logo per "Back in the USSR". Poi l'asso nella manica per rendere questo viaggio assolutamente fantastico. Vediamo di fuorviare il pubblico con un frizzante motivetto circense, giusto il tempo di rendermi conto che ho sbagliato canzone e dopo le rituali scuse invadiamo il campo con "Hey Jude"! Sarà fantastico!

Grazie al cielo, fantastico lo è stato davvero e il record messo a segno a Rio de Janeiro ne è un valido elemento di prova. Seguito da una band di tutto rispetto Paul McCartney produce un album che si può annoverare tra i migliori live del secolo. Robbie McIntosh alle chitarre, Hamish Stuart al basso, Wix Wickens alle tastiere e Chris Whitten alla batteria. Angelo custode, l'amatissima Linda. Il miglior live di McCartney dopo "Wings over America".

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