A distanza di 20 anni viene ripubblicato, rimasterizzato, il secondo album dei Pendragon, band inglese di Stroud, Gloucestershire, rappresentanti a pieno titolo di quella corrente riconosciuta come rock progressivo, idealmente prosecutoria del lavoro portato avanti da grandi band del decennio precedente (leggi Genesis su tutti): rispetto ai predecessori, la musica è meno ruvida, i suoni più melodici portarono qualcuno a definirli “new romantic”.
I nostri intrecciano molte volte la strada di gruppi più noti come Marillion (per la produzione di questo album hanno in comune il manager) e Arena; ma la loro fortuna è minore, non riescono a sfondare e farsi accogliere nelle capienti braccia di una major. Si inventano un etichetta, la Toff Records, decidendo di fare tutto da soli. Se amate la musica delle tastiere onnipresenti e delle chitarre malinconiche e trasognate ed avete inquadrato il genere, questo disco fa per voi. Rispetto alla versione originale, questa prevede due bonus tracks aggiuntive: “Armageddon” e “Insomnia”, che non aggiungono niente di più, complessivamente, all’opera. Per segnalare una canzone su tutte, “The Black Knight”, la settima traccia, è una suite da quasi dieci minuti che rappresenta, più di ogni altra, lo stile comune di questo e altri gruppi analoghi: i cambi di ritmo frequenti e repentini, queste atmosfere sempre sospese tra il sogno e realtà, tra penombra e foschia serale, i loro testi da menestrelli/cantastorie del 20° secolo, in bilico tra oniricità e melanconità.
Della band di allora sono rimasti solo Peter Gee, bassista e seconda chitarra e Nick Barrett, fondatore, superstite del line up originario, voce superba ai toni alti ma debole per quelli bassi, e chitarra tanto valida da meritarsi il premio "best guitarist 2001" della Classic Rock Society britannica.
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