Il buon vecchio Pete(r) sembra avercela fatta di nuovo, come sempre contro ogni previsione.

Con I Libertines in (momentaneo) congelamento ed una carriera solista rinfrancata dal buon successo dell’ultimo “Hamburg Demonstrations” (e del relativo tour), il bohemienne più famoso d’Inghilterra decide di non fermarsi e, proprio ripartendo dalla band che lo ha accompagnato nel suo “Eudaimonia Tour” del 2016 (che comprendeva Drew McConnell, bassista dei Babyshambles, poi unitosi alla band di Liam Gallagher e sostituito dal francese Miggles), riparte con una nuova formazione, denominata (senza troppe concessioni al politically correct) “Peter Doherty And The Puta Madres”.

Ma la mossa decisiva Doherty l’ha messa a segno tre anni fa, reclutando l’ottimo chitarrista dei Trampolene, Jack Jones: il contributo del musicista gallese è fondamentale, e questo esordio eponimo è una sana e decisiva rinfrescata per il sound di un Peter che al solito gigioneggia con classe.

Jones dirige il sound verso territori maggiormente blueseggianti, anche se l’incipit del disco è in piena zona nostalgia: l’operer “All At Sea” è infatti un pezzo escluso dalla tracklist dell’ormai leggendario esordio dei Libertines “Up The Bracket”, mentre il lead single “Who’s Been Having You Over” è puro distillato rock dohertiano, e funziona alla grande. Jones, da par suo, disegna traiettorie fantasiose ed azzecatissime con la sua chitarra, contribuendo deliziosamente anche con un duetto vocale nello splendido secondo singolo “Paradise Is Under Your Nose”, una gemma di psichedelia sixties davvero notevole.

Doherty si diverte, e si sente, ed arriva anche a fondere due cover in una nella divertente “Someone Else To Be”, praticamente una rilettura di “Ride Into The Sun” di Lou Reed che improvvisamente si trasforma in “Don’t Look Back In Anger” degli Oasis; il cantautore albionico mostra anche un notevole range musicale ed interpretativo cavalcando con successo il complesso e bellissimo arrangiamento della sontuosa “Travelling Tinker”, oltre a convincere con la cajun di “Punk Buck Bonafide” ed il blues tout-court di “The Steam”.

“Peter Doherty And The Puta Madres” è un disco urgente e splendidamente organico (come ormai se ne sentono pochi), registrato in soli quattro giorni in Normandia e mixato da una sicurezza come Dan Cox (Thurston Moore, Florence & The Machine, Tom Odell), che sceglie saggiamente di lasciare una deliziosa patina grezza su quelli che sono i pezzi più convincenti scritti da Doherty da almeno dodici anni a questa parte.

Brano migliore: Travelling Tinker

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