Giovanni Lindo Ferretti è solito dire, nelle interviste, che la nascita dei PGR fu un vero e proprio atto d’amore, una reazione allo stordimento lasciato dalla morte dei CSI e, soprattutto, dalla fine dell’amicizia con Massimo Zamboni. Quindi, per riassumere e semplificare, i PGR nascono da un atto d’amore consumatosi il 29 giugno 2001, a Montesole, durante un concerto in onore del "monaco ubbidiente" Don Dossetti. La registrazione del concerto, però, è rimasta inedita fino al 2003, quando è stata pubblicata come secondo lavoro del consorzio. E per me, ancora stordito dalle ardite traiettorie elettroniche del debutto, sborsare diciotto euro per questo disco fu un altro atto d’amore; per Ferretti, pensavo, questo e altro.

Ho capito troppo tardi, a mie spese, che ascoltare questo live avrebbe richiesto davvero troppo amore: parliamoci chiaro, Francesco Magnelli è un signor musicista, ma pretendere che sostenga da solo l’intero concerto senza risultare monotono è follia. Se la prima parte del disco, grazie all’intrinseca qualità delle canzoni, lascia trasparire un suono che sa affascinare (la versione androide di Unità di produzione, il crudo recitato de "La notte" ), superati i primi quaranta (sigh!) minuti il concerto diventa di una noia imbarazzante: gli inediti sono inconsistenti, (pure la discreta melodia di "E montagne quante ne vuoi", dove riesce a far capolino una chitarra, non va oltre la sufficienza), ed il giochetto di trasformare i propri classici in canti da beatificazione dei santi diventa irritante: a che scopo tramutare gli incastri di chitarre in Finisterrae in un requiem o citare l’unico (l’unico!) frammento funebre ("Spio nella notte") di un disco (Cod. ex) che era completamente ritmico? E poi, intestardirsi nel continuare a ripetere i propri classici, rischia di snaturarne il significato; non è poi così strano che alla decima versione di "Guardali negli occhi" ti venga voglia di imbracciare la doppietta e salire sul balcone, non sia mai che i partigiani passino di lì.

Battutacce a parte, Montesole è un documento soporifero, rappresentativo di un gruppo più stanco che assorto o spirituale, in cerca di un leader in grado di coprire il vuoto lasciato da Massimo Zamboni. Nel giro di pochi mesi si affideranno ad un gran produttore, Hector Zazou, che li convincerà a sfruttare quel vuoto, rendendo il suono ulteriormente più rarefatto, portando ad un disco (PGR) che andrebbe comunque ascoltato, e almeno a livello musicale, (oddio, quei testi orrendi...) rivalutato.

Carico i commenti...  con calma