Non è la prima volta che Glass si esibisce nella città Etnea, già in altre occasioni si era fermato a Catania dove, come lui stesso afferma, ha sempre riscontrato una calorosa accoglienza da parte del pubblico.
Oltre al concerto stavolta Glass ha anche incontrato, nell’auditorium della facoltà di lettere e filosofia di Catania chiunque volesse essere presente a quella che, per quanto breve, è stata un’escursione non tanto della vita artistica quanto del concetto stesso di musica e arte per Glass.
Glass inizia la sua carriera artistica all’interno del movimento minimalista, che cerca di trasferire la componente ritmica propria di realtà sonore come quella africana e asiatica all’interno delle strutture musicali proprie della tradizione occidentale. Ma in seguito allarga la sua prospettiva, giungendo ad elaborazioni più complesse, ma sempre nell’ambito di uno sperimentalismo che esplora spazi finora poco valutati dalla musica occidentale.
"POWAQQATSI" (l’opera presentata in questo concerto) fa parte di questa fase di svincolamento dalle strutture minimaliste in senso stretto. Essa è la seconda puntata della QATSI TRILOGY di Goffrey Reggio: una rivoluzionaria triade di film che oltrepassa i limiti del cinema narrativo per approdare a quella che dallo stesso regista è stata definita una sorta di “cinema-concerto”, in cui la fusione di musica e immagini diviene il mezzo per delineare ciò che, a parere di Reggio, il linguaggio non è più in grado di descrivere: il mondo in cui viviamo, e a cui ci accostiamo con idee antiche e formule superate.
In questo stupendo ritratto della natura umana e di come questa si ripercuote sul mondo circostante, la musica gioca un ruolo fondamentale. Lo stesso Glass all’incontro con gli studenti ha precisato che una delle rivoluzioni apportate da questi film è la rilevanza della colonna sonora, che diviene il mezzo per riempire dell’emozione voluta il contesto delineato dalle immagini. Non si tratta quindi di un elemento secondario, regista e musicista sono sullo stesso piano, collaborano, si influenzano l’un l’altro per ottenere un risultato di impressionante compattezza dell’opera in cui musica e immagini divengono un inscindibile tutt’uno volto a essere uno stupendo ritratto della vita umana a questo mondo.
Preambolo alquanto noioso forse ma necessario per far capire ciò che il pubblico catanese, nella stupenda cornice del teatro Massimo Bellini si è trovato dinanzi. Uno spettacolo di eccezionale intensità emotiva: in cui all’armonia di figure umane a lavoro nei campi o in mare, i cui profili sembravano stabilire un perfetto equilibrio, si contrapponevano il frenetico viavai delle città, impersonale e distaccato agglomerato umano ove il contatto con la natura si è spezzato.
Ove a stupende geografie umane frutto di un inserimento dell’uomo all’interno di contesti naturali si contrapponevano i colossi di cemento, sistemi di grattacieli, impressionanti per la loro crudele e geometrica realtà. E’ un turbinio di immagini-musica che non da spazio alla noia e mai fine a se stesso. Un “film” che grazie a particolari tecniche cinematografiche, ad una fotografia curata magistralmente, ad una colonna sonora iper-contestualizzata nel film stesso, riesce a coinvolgere il pubblico che gradisce e ringrazia.
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