Quando una lezione la trovavo noiosa pensavo ad altro e, quando non avevo nemmeno voglia di pensare ad altro, tentavo allora di ammazzare il tempo scrivendo i secondi sul quaderno. 10, 20, 30 ecc… Se volete rendere immortali 5 innocenti minuti divideteli in 300 stoici e guerrafondai secondi. Non passeranno più. Garantito.

Un rumore lieve, secco e regolare nel silenzio più assoluto di un container a poche centinaia di secondi dalla morte e decine di metri dalla salvezza. Un rumore opprimente pieno di determinazione, paura e volontà incrollabile che, nel caso di Bilal, si chiama amore per una ragazza che vuole, che deve, raggiungere. Non ce la fa. Troppi ricordi tremendi del recente passato. Si toglie con frenesia quel sarcofago di plastica e, rischiando il linciaggio tra gli altri disperati, viene scoperto dalla polizia portuale. L’Inghilterra diventa un miraggio e quel tratto di mare, la Manica, una barriera apparentemente impenetrabile.

Sguardo triste in una casa silenziosa che sta per diventare tremendamente vuota senza di lei. In quello sguardo misto tra cespuglio nel deserto che rotola, pesce lesso con la bocca aperta alla ricerca di aria sembra non voler capire perché se ne sia andata anche se la risposta è chiara e Simon la conosce bene. L’incontro fortuito tra lui, l’ex campione di nuoto in crisi, ed il giovane Bilal è un soffio leggero su delle ceneri di un camino. Quelle ceneri grigie covano ancora un barlume di calore e, così facendo, si desta dal torpore nel quale era piombato e che aveva di fatto allontanato la moglie. Si fida inconscentemente di un perfetto sconosciuto; nasce una sincera amicizia e tenta di dare una mano al ragazzo per realizzare quella pazza idea di imparare a nuotare per affrontare le onde della Manica e le sue gelide e temibili correnti. Si vergogna mentre lo allena: non ha saputo tenere sua moglie per futili motivi e vede la determinazione che gli è sempre mancata nella vita in quelle furenti bracciate in piscina. Di notte, di giorno.

Un rumore pieno: pauroso e dolce sciabordio nell’immensità del mare a decine di chilometri dalla salvezza mentre la telecamera inesorabilmente si alza facendoci stringere lo stomaco.

“Welcome” è un film di rara bellezza che picchia duro polemizzando senza se e senza ma sulla nuova legge sull’immigrazione voluta dal governo Sarkozy che prevede sanzioni pesantissime nei confronti dei cittadini francesi che aiutano immigrati clandestini. Calais è una di quelle città di frontiera che giocoforza deve convivere con il problema relativo all’integrazione con lo straniero ed il regista Lioret trova spazio per ambientare una storia forte, amara, realistica e profonda ben interpretata da pochi e scavati attori.

La morale non è buonista: non dobbiamo diventare un esercito di Simon e non tutti gli immigrati sono innocenti e romantici Bilal. Ma, porca troia, forse non dobbiamo nemmeno diventare dei paraculi razzisti che generalizzano senza conoscere e che credono di avere la coscienza a posto mettendo in bella vista uno zerbino con la scritta colossale “Welcome”.

Ilfreddo

Carico i commenti...  con calma