Lois Lowry (classe 1937) è un’attrice letteraria disimpegnatasi negli anni in diversi generi e attività come giornalista freelance e fotografa e poi specializzatasi in quella che possiamo definire come letteratura per ragazzi. In questa categoria ci possiamo includere anche “The Giver”, romanzo pubblicato nel 1993 e primo fortunato capitolo di quella che poi si è sviluppata negli anni come una vera e propria quadrilogia. Dal romanzo nel 2014 è stato tratto un film eponimo diretto da Phillip Noyce e con un ricco cast comprendente tra gli altri Jeff Bridges, Meryl Streetp, Alexander Skarsgard e Katie Holmes. Il ruolo da protagonista (che poi sarebbe Jonas) è però affidato al giovane Brenton Thwaites, che poi sarebbe lo stesso attore protagonista del remake di “The Blue Lagoon”, una indicazione che di per sé basterebbe a temere il peggio per quello che poi nei fatti non è un film così brutto come si potrebbe pensare.

Ennesimo capitolo di una produzione che fa riferimento ai caposaldi “Brave New World” di Aldous Huxley e “1984” di George Orwell, “The Giver” propone effettivamente una tipica mescolanza tra i temi affrontati in questi due grandi classici della fantascienza come della letteratura tout-court e ci introduce in questo futuro in bianco e nero dove sono state cancellate tutte le emozioni e dove la soluzione a quelli che possono essere contrasti oppure scontri di natura ideologica e rivendicazioni sociali, si costituisce nella negazione di tutta la storia passata e nella costruzione di un modello di vita asettico e in cui ciascuno viene "selezionato" alla nascita, cresciuto e infine assegnato a un determinato ruolo a seconda delle sue attitudini oppure delle esigenze della collettività.

Non esistono relazioni sentimentali oppure amichevoli di nessun tipo: le stesse famiglie si fondano meramente su sistemi di scelte dettate da opportunità stabilite dall'alto e secondo un modello sociale immobile. Tutto però cambia quando, compiuta la maggiore età, al giovane Jonas (dotato di imprecisate capacità di tipo veggente) viene assegnato un ruolo molto speciale (unico) cioè raccogliere da quello che viene chiamato semplicemente “donatore” (Jeff Bridges) la memoria dei tempi passati. L’esperienza segnerà immediatamente il ragazzo che presa coscienza delle incredibili e meravigliose potenzialità della sfera emotiva del genere umano, comincerà a comportarsi contro le regole, fino a attirare su di sé le reazioni di quello che viene definito come “consiglio degli anziani”, che pentitosi della propria assegnazione, decide di dargli la caccia.

Resta la buona premessa e lo sviluppo bene diretto nelle prime fasi, anche i tre ragazzi protagonisti sono bravi (abbastanza inutili invece le interpretazioni dei big...) e l’intuizione tecnica del bianco e nero per quanto banale e poco originale, è piacevole e funziona bene. Ma il film si perde poi troppo presto in una successione di eventi che è troppo rapida e raccontata male fino a un finale raffazzonato e privo di qualsiasi contenuto di tipoo “logico” (non parlo di cose più o meno verosimili, del resto è un film dai contenuti fantastici): praticamente non si capisce che succede oppure semplicemente non succede nulla. Sarebbero bastati cinque minuti in più e giusto un po’ di inventiva per concluderlo dignitosamente (Ndr. Per quanto riguarda il romanzo, questo ha invece un finale aperto e che chiaramente rimanda al romanzo successivo). Ma evidentemente quando sono stati assegnati i ruoli di regista e sceneggiatore è stato commesso un errore. Cose che succedono anche nel presente e senza dovere viaggiare avanti in un futuro ipotetico.

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