Sarà stata la facile suggestione che caratterizza chi ha 18 anni ma il sottoscritto, mentre imperversava l'anno di grazia 1977, rimase favorevolmente colpito da quanto Lucio Dalla cantava in "Il cucciolo Alfredo" :

"Il complesso cileno affisso sul muro /promette spettacolo/un colpo sicuro /la musica andina, che noia mortale /sono più di tre anni /che si ripete sempre uguale /mentre il cucciolo Alfredo canta in modo diverso /la canzone senza nota /di uno che si è perso..."

In poche strofe ecco un sentire comune, mio e di tanti altri giovani e meno che, con tutto il rispetto per la tragedia vissuta dal popolo cileno in quegli anni , avvertiva la monotonia musicale di gruppi come gli Inti Illimani e la conseguente propensione ad ascoltare musiche differenti. Lucio Dalla, anche in quella occasione aveva saputo cogliere lo spirito dei tempi, le tendenze sottotraccia presenti nella società dell'epoca . Lo consideravo uno dei geni della musica italiana di quei tempi.

Ovvio, pertanto, che recandomi a vedere "Per Lucio", film documentario dedicato a Lucio Dalla e diretto da Pietro Marcello, nutrissi grandi aspettative. Purtroppo, devo ammettere che, pur con tutte le attenuanti, sono rimasto alquanto deluso. Intendiamoci: condensare in un docufilm di meno di 80 minuti una figura complessa e poliedrica come Lucio Dalla non è impresa facile. Neppure impossibile, però, se si tiene conto che l'anno scorso era uscito "Paolo Conte, via con me" , un ritratto ficcante del compositore astigiano. E quindi cosa non mi è parso all'altezza di un doveroso e meritato film celebrativo del buon Lucio?

L'opera di Marcello si incentra sulla testimonianza incrociata di due persone che conobbero e frequentarono Dalla, ovvero Umberto Righi detto Tobia (suo impresario) e Stefano Bonaga, amico fin dall'infanzia di Lucio. I due, seduti in trattoria a degustare un'ampia porzione di tagliatelle (buon appetito..) , rimembrano la difficoltà di Dalla (in origine jazzista) di affermarsi in un ambiente dello spettacolo ancora ostile a considerare certa musica non più che "leggera" , senza valutare adeguatamente la portata innovativa di certe proposte (troppo di nicchia e classificate come cantautorato di matrice ligure) . Non deve quindi stupire che Lucio, agli inizi della carriera, si sia anche esibito all'Antoniano di Bologna davanti a mago Zurli' ed in presenza della mamma imbarazzata (questo passaggio è forse il più incredibile nel contesto del docufilm, io stesso non ne sospettavo l'esistenza. .) . Ma, fortunatamente, con l'arrivo della decade degli anni 70 si aprono nuovi spazi e il successo comincia ad arridere all'artista bolognese con il brano "4 marzo 1943", per poi approdare alla famosa collaborazione con Roberto Roversi, che scriverà i testi di tanti brani successivi (decisamente più sperimentali) fino al long playing "Automobili". Da quel momento in poi le strade dei due si separeranno e Dalla potrà divenire compositore in toto (da "Com'è profondo il mare" in avanti) .

Certo salta all'occhio, nel procedere di "Per Lucio", come l'ascesa artistica del musicista bolognese proceda in parallelo ai profondi mutamenti della società italiana che, da industriale, finirà con l'essere sempre più post industriale. Ma restano in ombra tanti aspetti della vicenda umana e professionale di Dalla come, ad esempio, il profondo legame con la città di Bologna (a cui si accenna solo nel tratteggiare la figura di Roversi, in merito al quale non si specificano le ragioni delle divergenze successive con il musicista bolognese) .

Per non dire poi che certi brani fondamentali nella carriera di Dalla come "Piazza Grande", "L'anno che verrà", "Caruso" non vengono opportunamente citati. Si arriva giusto a ricordare "Balla balla ballerino" e "Futura" come se dopo ci fosse stato il vuoto. Eh no, cari Righi e Bonaga (e di rimbalzo il regista Marcello) comodamente assisi in trattoria a banchettare, non è proprio cosi che si celebra un grande come Lucio Dalla. Per quanto voi affermiate la natura immortale di tal musicista e uomo gran affabulatore, non siete riusciti a fornire un ritratto il più possibile esauriente del suddetto, sprecando così un'occasione d'oro. A noi suoi fedeli estimatori non resta che ritornare ad ascoltare i suoi dischi sempre carichi di fascino nonostante gli anni passati.

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