Ingredienti: melodie perfette, armonie beatlesiane (più di così non si può), una spolveratina di Kitsch.
Chef: Alan Parsons.
Si può con un pugno di canzoni acciuffare l'album pop perfetto, impeccabile, uno zenith artistico tale da costituire un riferimento unico ed universale senza uguali e senza tempo?
Se anche si potesse, di una cosa si può star certi: questo non fu mai un obiettivo per i Pilot, gruppo semisconosciuto, meravigliosamente e schifosamente anni settanta, con il solo chiodo fisso di sciorinare una dozzina di melodie da tramandare ai posteri e chi s'è visto s'è visto.
Chi non s'è visto, senza dubbio, è il successo. Vi dice niente il nome Pilot? Poco? Non è un caso. Il botto lo hanno fatto con una manciata di singoli da strapparsi i capelli, (straconsigliatissime "magic", "just a smile" presenti in quest'album, "January" e "call me round") poi più niente.
Ma questo album avrebbe senz'altro meritato più fortuna. E' un eccellente album di Soft Rock ricco di spunti golosissimi, melodie pop avvolgenti, arrangiate in perfetto stile 70's, da un maestro come Alan Parsons (basta per far meritare un po' d'attenzione a questo album o no?) e suonato con una maestria da session men navigati quali in realtà sono i fidi David Paton, Billy Lyall & Stuart Tosh, gente che sul curriculum si ritrova nomi come Bay city rollers, Alan Parsons Project, Kate Bush, 10 CC, e scusate se è poco.
La succitata "Magic" è una delle più belle canzoni pop degli anni 70. Un'intro a due chitarre scoppiettante, una melodia cristallina che s‘inerpica in alto (McCartney è il primo nome che vi verrà in mente) ed un ritornello memorabile, di quelli che te lo ritrovi a fischiettare per strada o in fila alle poste.
"Just a Smile" è una composizione perfetta, strofa-ritornello-strofa-ritornello, e che ritornello! Semplice, geniale e irresistibile, e vedrai che anche qui ti riviene in mente il solito nome (per caso inizia per "bit" e finisce per "ols"?).
Lo squisito Pop-rock di "sooner or later" al centro del disco è un pezzo brillante, gustoso come una pralina; "don't speak loudly" tiene alti frequenze e battiti, appena rallentati dall'incedere cadenzato di "lucky for some", mentre il rock assai poco graffiante di "never give up" sa di ruffiano e accattivante quanto basta.
L'album è un bignami su come far funzionare perfettamente pianoforte (à la "it's getting better") chitarre squillanti, basso e batteria e condire il tutto con grande leggerezza pur senza cedere un centimetro di spessore, come forse solo i Supertramp sono riusciti a fare dopo di loro.
"Pilot" è l'antitodo perfetto se sei un po' intossicato da progressive rock o metallo (troppo) pesante, è l'allenamento defaticante dopo la finale di champions, la colonna sonora perfetta per la tua sacrosanta birretta fresca dopo una giornata di lavoro da dimenticare.
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