Spettacolo... psichedelia... progressive... rovine... colate laviche... di cosa sto parlando? Sto parlando del "Live at Pompeii".

I Pink Floyd, band affermatasi nell'arco di 5 anni, dal 1967, ricevono la proposta di suonare nell'anfiteatro di Pompei per un concerto psichedelico senza precedenti.

Perché Pompei? Dovete chiederlo ad Adrian Maben, regista del film-documentario (sì, oltre ad essere un concerto è anche un documentario). In un'intervista lui risponde a questa domanda con un semplice "sapevo che doveva essere fatto lì!". Silenzio, atmosfera di mistero, violenza e amore celati tra le rovine di una grande città storica ... meglio di Pompei? La location è sistemata.

Cos'altro? Adrian Maben ha la brillante idea di non filmare un film concerto, come già detto, ma di riprendere scene di vita quotidiana della band, ad Abbey Road, mentre si mangia e si scherza, mentre si registra materiale in studio ... ed è così che è nato il Live a Pompei.

Le tracce da suonare vengono in parte scelte dal regista, Maben, che consiglia ai Pink Floyd di partire con pezzi di stampo psichedelico, anni '60. Così A saucerful of secrets e Set the controls for the heart of the sun diventano le candidate che poi vinceranno, oltre che Careful with that axe Eugene, pezzo impressionante ai massimi livelli della psichedelia.
La progressiva Echoes non poteva mancare... il pezzo forte non può mai essere scartato. Divisa in due parti, la suite Echoes raggiunge l'apice della sublimità at Pompei. Basta parole!

Guardate il film!

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