Terzo album in studio per la leggendaria band, il primo senza la "presenza fisica" di Syd Barrett. Nessuno poteva prevedere cosa sarebbe potuto accadere in seguito, e nessuno vedeva un futuro a ciel sereno per la band. 1969. La band inizò ad interessarsi al cinema, scrivere musica per determinati film, in particolar modo quei film che in un certo senso "rispecchiavano" pienamente il periodo "acido" di fine anni sessanta. I Floyd iniziarono a lavorare per un film diretto da Barbet Schroeder dal titolo "More", è ufficialmente la loro prima esperienza con le colonne sonore. Nel corso degli anni questo album è comunque diventato un classico e ormai il pubblico non lo "identifica" neanche come una colonna sonora ma semplicemente come il terzo disco della band.

E' un album che tra l'altro contiene gli unici due brani vermanete Rock di tutta la loro produzione, parlo di "The Nile Song" e "Ibiza Bar", due brani che non sono eccezionali e che secondo me stonano con le sublimi atmosfere create con gli altri brani presenti nell'album.

Si apre con "Cirrus Minor", un brano meraviglioso, la natura anticipa un dolce e malinconico arpeggio di chitarra acustica, la voce di Gilmour è quasi spettrale, l'organo di Wright diventa sempre più potente e il finale è affidato completamente a lui in un giro di accordi che ricorda vagamente il meraviglioso finale di "A Saucerful Of Secrets". "Cirrus Minor" è un brano meraviglioso, secondo me molto sottovalutato sia dal pubblico che dai Floyd, un brano che a parer mio ha tutte le caratteristiche (eccetto la lunghezza) della musica dei primi Floyd. Ascoltarlo è sublime. "The Nile Song" seconda traccia va a spezzare le spettrali atmosfere del pezzo precedente e si concentra su un qualcosa che spinge quasi ad un hard rock, secondo me questo non è un pezzo "tipicamente floydiano" e poco ha a che fare con la loro musica, d'altra parte però capisco che stavano lavorando per un film quindi è molto probabile che alcune scelte non sono partite da loro. In ogni caso "The Nile Song" è un brano a parer mio molto dimenticabile. Torniamo subito alle atmosfere di "Cirrus Minor" e lo facciamo con la terza traccia dell'album "Crying Song", la canzone del pianto...un pezzo lentissimo ma che riesce molto bene a lasciare addosso all'ascoltatore quel senso di tristezza che il brano vuole trasmettere. Dopo questo "piccolo pianto" finalmente passiamo alla parte strumentale, vero marchio di fabbrica dei primi Floyd, "Up the Khyber" non è un brano eccezionale ma sicuramente è una chiara testimonianza della voglia ancora viva e vegeta di sperimentazione. Veniamo immediatamente catapultati in un bellissimo prato verde, un prato creato per sognare, la voce rilassata e dolce di Gilmour ci canta "Green is the colour", che diventerà un classico nei loro live. Una canzone "semplice", un giro di semplici accordi e con un buon lavoro (come sempre) del "pittore" Rick Wright sicuramente gradevole da ascoltare. Il brano successivo è invece meritevole di particolare attenzione, "Cymbaline" che a parer mio funzionerà molto meglio nelle esecuzuoni dal vivo, lì sarà molto più lunga, molto più complessa, molto più "psichedelica", un brano meraviglioso! I brani successivi a parte "Ibiza Bar" sono tutti strumentali, tra questi c'è un piccolo capolavoro e secondo me insieme a "Cirrus Minor" e a "Cymbaline" va a completare il cerchio che rende questo disco eccezionale. Il brano in questione è "Quicksilver", sette minuti di follia pura. Un brano che ti trasporta nei meandri più oscuri del suono, il Gong che entra pian piano fino ad esplodere, attimi di silenzi che si trasformano in piccole vibrazioni sonore provocati dalla chitarra di Gilmour e dalla Farfisa di Rick Wright, un pezzo che con una buona dose di acido dentro ti trasporta in qualsiasi punto del cosmo. I veri Pink Floyd, quelli che piacciono a me.

Sesso libero, feste, alcol e droghe, ingredienti che univano i Floyd dell'epoca con il progetto di Schroeder che prevedeva una trama che trattava proprio queste tematiche. Penso che il regista aveva intuito benissimo che i Floyd erano perfetti per ricreare la musica giusta per scene che prevedevano appunto sesso libero e droga. "More" è un disco che va ascoltato come si ascolta un qualunque album dei Pink Floyd, puoi "viaggiarci" quanto vuoi, gli ingredienti per un bel trip non mancano...ma è bene sempre tenere a mente che comunque stiamo parlando di una colonna sonora, per tanto "l'andatura" altalenante tra un brano e l'altro (esempio Cirrus Minor - The Nile Song) non è da considerarsi un difetto o una cattiva scelta, ma una logica ben studiata per un progetto destinato ad essere parte integrante di un film. Questo è un lavoro per un film! Dopo "More" i Floyd continueranno a sperimentare alla grande, con "Ummagumma" con "Atom Heart Mother" e company...nuove avventure con il cinema, indimenticabile e tragica da un certo punto di vista l'esperienza con Michelangelo Antonioni (ne verrà fuori comunque un brano strumentale meraviglioso di Rick Wright e una versione incredibile di "Careful with that axe Eugene"). "More" è importante perchè segna anche l'esordio dei quattro ragazzi senza il loro genio, quel genio che ha dato il via a tutto...Syd Barrett. Per questi motivi considero "More" un disco fondamentale, da ascoltare e da comprendere fino in fondo. Con "More" i Floyd ci "donano" un altro "viaggio"...e alla fine forse urleremo la frase che pronuncia Gilmour in "Cymbaline"..."....please wake me!"

VinnySparrow

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