In attesa del nuovo disco, che uscirà il prossimo mese, due parole sull'esordio dei Pink Mountaintops, datato 2004, credo vadano dette. Nel frattempo infatti Stephen McBean, con i Black Mountain, di cui pure è leader, ha ottenuto il riconoscimento che merita. In teoria, questo sarebbe il suo c.d. side-project, ma, a causa di bizzarrie, quasi Dickiane, del tempo che ritorna, in realtà è nato prima del gruppo che è diventato più famoso. Poiché immagino che la maggior parte di Voi lo conosca per l'attività della "Montagna Nera", è necessario subito sottolineare le differenze tra le due band.

Innanzitutto Pink Mountaintops sono un collettivo aperto, al quale collaborano molti musicisti di Vancouver e dintorni ed altri collegati all'etichetta Jagjaguwar, gli altri un combo fatto e finito. Tanto quanto questi ultimi sembra abbiano trovato il centro di gravità, nell'ultimo "In The Future", in un hard rock in parte monolitico e squadrato, gli odierni recensiti sono free-form e destrutturati. Un esempio che mi pare sia preclaro: provate ad immergerVi in "I (Fuck) Mountains". Conoscendo i Black Mountain, e certa loro devozione per i Black Sabbath, cosa Vi viene in mente? Indovino, dicendo "Planet Caravan"? Musica per la mente, il cui fluire in una dimensione onirica, avvince.

Mi intriga soprattutto, di loro, il connubio tra le reminiscenze di certa psichedelia sixties e l'ansietà di quel che era l'Inghilterra ad inizio anni ''80. L'opener "Bad Boogie Ballin'", non Vi sembra una cover dei Grateful Dead suonata dai primi Human League o da John Foxx? Chi mai avrebbe potuto pensare ad un incrocio simile? Purtroppo, Pink Mountaintops, coltivano poco questa inclinazione e si abbandonano spesso al modernariato, ma sempre con un gusto che mi pare pochi abbiano in giro.

Un altro grande amore di McBean sono indubbiamente i Velvet, i cui umori ed ipotesi di chitarre sferraglianti, contagiano tutta la parte finale del disco. Qui, in chiusura, arriva quella che mi pare una perla assoluta, ovvero il rifacimento di "Atmosphere". Sì, quella dei Joy Division. Suonata come fosse "I'm Waiting for the Man". Con un ritmo ossessivo e trattenuto, la voce ammiccante e lasciva, i coretti monotoni e ripetitivi. Ed il pensiero non può che correre a quella "Sister Ray" suonata dal gruppo di Manchester il 02 aprile del 1980, pochi giorni dopo aver registrato "Atmospehere". E qui, sì può ben dire, che il cerchio si chiude.

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