Proseguo nell'impegno di dar risalto alle sinfonie "minori" di Tchaikowsky con l'ascolto e commento della sua seconda sinfonia detta "Piccola Russa", che già dalle prime battute si annuncia di una discreta bellezza, in particolare in virtù del fatto, non indifferente che sia misconosciuta e praticamente non rappresentata nei programmi sinfonici dei teatri moderni. Insomma la "classica" perla rara che vale la pena riscoprire, bastasse la mia povera recensione, sic!

Ma vado per ordine col necessario cenno storico. Pietro compone la sua seconda a distanza di sei anni dalla prima sinfonia e quattro dalla sua trionfale esecuzione, ha ormai 32 (tretadue) anni e di certo la sua creatività è aumentata a giudicarne il risultato e probabilmente con essa anche le sue esigenze d'innovazione musicale, che onestamente erano state davvero pochine nel primo episodio sinfonico, così vicino al folklore borodoniano. Siamo quindi nel 1872 in Ucraina, dove nella calda estate della "piccola Russia" com'era allora denominata questa regione, il nostro eroe si trova in vacanza con la famiglia, immerso quindi nell'ambiente ideale per dare alla luce quest'opera che venne eseguita praticamente subito nel febbraio 1973: ancora a Mosca ed ancora per la direzione di Nikolaj Rubinstejn: segno evidente che il grado d'affermazione, almeno in patria, di Tchaikowsky era decisamente cresciuto rispetto al primo episodio. Ancora una volta il successo (immediato) non mancò all'autore, ma nonostante ciò il suo perfezionismo gli fece rimaneggiare ed integrare la sinfonia per ben 2 volte tanto che la versione oggi (scarsamente) proposta è l'ultima partorita dal suo genio ed è datata oltre dieci anni dopo l'originale. Fra l'altro è curioso come alcuni dei suoi accoliti e simpatizzanti la ritennero peggiore di quella d'esordio, riferendosi in particolare all'Allegro del 1° movimento: motivo questo d'ulteriore travaglio per il compositore, che già di per se non era affatto granitico nelle sue convinzioni musicali!

Ma vengo al sodo, la sinfonia presenta la classica suddivisione in quattro movimenti il primo dei quali è aperto dal corno solista che esegue un motivo ("orecchiabile") tratto dalla musica popolare ucraina; affiancato ben presto da un leggero pizzicato di violini e dallo sviluppo complessivo di tutta l'orchestra fino a rappresentare il motivo portante (forse un po' troppo insistito?!) di tutta la sinfonia e lasciar spazio all'Allegro di cui s'è detto che si conclude mestamente col "saluto" dell'oboe.

Il secondo movimento si apre blandamente con l'Andantino Marziale, brano rimaneggiato e sviluppato da Tchaikowsky a partire dalla marcia nuziale contenuta nell'opera lirica "Undina" composta in gioventù e mai pubblicata a causa della sostanziale avversione delle autorità imperiali verso questo tipo di lavori, ritenuti ben poco "tradizionali"; ed altrettanto moderatamente si conclude scandito dal ritmo del timpano.

Il terzo movimento è certamente la parte più riuscita della sinfonia, forse perché concepita come sua parte centrale e portante, non soggetta ad adattamenti o rimaneggiature come i due precedenti, anzi in alcuni momenti vi ricorderà il Tchaikowsky più maturo o se volete a noi più noto, pieno di colori musicali e dialogo fra i vari gruppi orchestrali, lo Scherzo è infatti la parte che dà il nomignolo alla Sinfonia di "Piccola Russia", ricordandone appunto il tema popolare ucraino "La grù".

Il movimento di chiusura definito "Moderato Assai", si riallaccia evidentemente alla tradizione beethoveniana salvo poi lasciar ben presto spazio all'Allegro Vivo (assai) così enfatico e persino ridondante nei fiati e percussioni, una parte decisamente vigorosa che assecondava di certo il gusto musicale russo dell'epoca e metterà in risalto le qualità del vostro impianto, essa riprende il tema centrale della sinfonia portandolo a conclusione brillantemente con trionfo di piatti e persino gong finale! (forse un po' troppo insistiti?).

In conclusione e sinteticamente ci troviamo di fronte ad un passo avanti rispetto alla prima sinfonia, di cui fra l'altro è pure più breve, ma non ancora così pronunciato per far gridare al capolavoro. Come per la precedente recensione ho fatto riferimento all'esecuzione di Lorin Maazel e la Filarmonica di Vienna, pubblicata dalla Decca nel 1970 assieme all'opera omnia del grande compositore russo. Il voto è conseguente ed ancora una volta arrotondato per difetto, ma se ci fossero i decimali migliore di quello assegnato alla prima sinfonia.

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