Eccentrica, caricaturale, accattivante, cafona, strafottente e dotata di un'irresistibile carica di simpatia. Difficilmente si può restare indifferenti davanti a una sagoma come P!nk: così, un bel giorno, anch'io sono capitolato davanti al fascino di questa stellina ribelle e, senza pensarci troppo, ho acquistato questo disco, pregustandomi motivetti catchy, ritornelli urlati e qualche fuck, bitch, shit... disseminato qua e là. Insomma, mi aspettavo un pop rock senza troppe pretese, da consumare in fretta per poi accantonare senza troppi rimpianti.
Stupore, disorientamento, meraviglia: queste sono le sensazioni che ho provato ascoltando per la prima volta "Funhouse", un disco piacevole, melodico, persino sobrio e nobilitato da testi mai banali, a tratti addirittura poetici e dalla voce di P!nk, interprete dotata di un timbro graffiante ed energico che lascia il segno in ogni canzone senza mai stonare o andare sopra le righe. Prodotto costruito a tavolino? Forse, ma adesso mi è davvero difficile crederlo.
Unica concessione alla P!nk più rockettara è il singolo "So What", canzone simpaticamente pacchiana e fracassona, fatta apposta per essere canticchiata o fischiettata, con un videoclip e un testo davvero notevoli "The waiter just took my table and give it to Jessica Simp(shit)". Il vero "Funhouse" è però composto da ballate di vario genere, alcune delle quali davvero belle in senso assoluto (figuriamoci poi per una cantante pop come P!nk): "Sober", "I Don't Believe You" e "Please Don't Leave Me", la prima più pop-rock, la seconda più romantica, canzoni magari un po' stereotipate ma indubbiamente anni luce sopra la schifosissima media delle sue illustri (?) colleghe. il meglio di se la nostra biondina dall'acconciatura improbabile lo dà in episodi più intimisti come "Crystal Ball", solo una chitarra acustica e la sua voce per l'occasione dolce e carezzevole, "One Foot Wrong", caratterizzata da una conturbante atmosfera noir e un ritornello con violini e fiati in cui la Nostra si cala nel ruolo della diva anni '30 in modo molto più naturale, elegante e riuscito della pur non disprezzabile Christina Aguilera, oppure la squisita piano-ballad "Glitter In The Air" che chiude in bellezza l'album, senza dimenticare episodi più energici e chitarrosi come "It's All Your Fault", "Ave Marya" e "Mean", che seguono la falsariga di "Who Knew" del precedente album "I'm Not Dead". Il punto più alto però è rappresentato dalla formidabile accoppiata "Bad Influence"-"Funhouse", due irresistibile marcette pop stravaganti, stralunate e anche un po' psichedeliche che di certo non troverete in un disco di Britney Spears.
In conclusione, dodici canzoni belle, piacevoli, pressoché perfette per il loro genere e interpretate con la giusta verve melodica da una cantante che oltre che bella è anche brava e simpatica, e si guadagnata con merito la mia ammirazione e il mio rispetto. Brava P!nk.
Carico i commenti... con calma