La nuova ondata di glamsters proveniente dagli States era stata preannunciata da tempo: al grido di “shock the world” un orda di leather boyz with electric toyz si preparava a lanciare un nuovo assalto al music business. Dagli sporchi Buckcherry ai ruvidi American Pearl, dai meravigliosi Beautiful Creatures agli sguaiatissimi Toilet Boys…dopo dieci anni a Los Angeles stava finalmente fiorendo una nuova scena ma era necessario che un’entità in possesso di esperienza e carisma si ergesse a guida di questa giovane realtà multicolore e che tale elemento regalasse al pubblico più conservatore un’opera degna di rivaleggiare con i suoi ingombranti e gloriosi trascorsi.

Introdotto dal singolo “Squeeze Box”, cover degli Who decisamente divertente, il nuovo album dei Poison si candidava a divenire un esempio di stile per le nuove leve ed un ritorno piuttosto credibile ai fasti del passato per i fan della vecchia guardia. Nello splendore della formazione originale il velenoso quartetto si ripropone così al grande pubblico con un album, “Hollyweird”, caratterizzato da una produzione targata Thom Panunzio volutamente sporca e ruvida (persino eccessivamente “garage”…) in grado di mettere in risalto l’attitudine “street” della band a scapito del vecchio sound di chiara matrice pop metal. Il disco si apre con la discreta titletrack, song in completo Poison – style, per poi proseguire con la già citata “Squeeze Box”, impreziosita da un buon assolo marchiato C.C. DeVille. Bret Michaels e soci assestano un uno-due di maggiore impatto con la coppia “Shooting Star” – “Wishful Tinkin’”, un dittico che brilla per freschezza e ricchezza di soluzioni armoniche (anche se il micidiale utilizzo del coro nella seconda traccia fa propendere per una sua vittoria ai punti…). Alla song numero sei giunge la prima sorpresa: come per la raccolta “Power to the People” anche in questa occasione l’axe – man C.C. DeVille si esibisce dietro ai microfoni, sfornando performances più che soddisfacenti. “Emperor’s New Clothes” e la punkeggiante “Livin’ in the Now” rappresentano i due assi nella manica della vecchia volpe delle sei corde che pesca a piene mani dalle sonorità moderne già udite sul suo album solista. Il pezzo migliore del disco risulta “Devil Woman”, ben introdotta da un’armonica sofferente ma il suo primato è insidiato pericolosamente dall’accattivante “Stupid, Stoned & Dumb”. A voler trovare un difetto lo si potrebbe ricercare nella doppia versione della statica traccia “Home” e nella presenza di due o tre fillers, ma anche questa pecca viene parzialmente dimenticata di fronte alla conclusiva canzone “Rockstar” già edita come singolo promozionale su internet e pubblicata in veste di bonus track nel precedente LP “Power to the People”.

Senza ombra di dubbio “Hollyweird”, lungi dall’essere ritenuto un capolavoro, rappresenta un ritorno dei Poison allo stile graffiante dell’esordio “Look What The Cat Dragged In” (1984): sepolte definitivamente le tentazioni post-grunge ed abbandonate le soluzioni audio moderniste presenti nell’altalenante “Crack A Smile” (1998) questo lavoro può sicuramente considerarsi il miglior album della storica glam band dai tempi del grandioso “Flesh & Blood” (1989). Una nota curiosa: il tour di promozionale dell’album (con Cinderella, Winger e Faster Pussycat di supporto) avviato nella primavera / estate del 2002 ravvisò un notevole afflusso di pubblico, tanto da polverizzare letteralmente i dati di affluenza riportati nelle medesime arene da nomi allora molto in auge come Nickelback e Kid Rock. (Enrico Rosticci)


01) HOLLYWEIRD
02) SQUEEZE BOX
03) SHOOTING STAR
04) WISHFUL THINKIN’
05) GET ‘YA SOME
06) EMPEROR’S NEW CLOTHES
07) DEVIL WOMAN
08) WASTELAND
09) LIVIN’ IN THE NOW
10) STUPID, STONED & DUMB
11) HOME (BRET’S STORY)
12) HOME (C.C.’S STORY)
BONUS TRACK: ROCKSTAR

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