Popol Vuh – Die Nacht Der Seele (Tantric Songs): Il Silenzio Che Respira L’Infinito

Con Die Nacht Der Seele – Tantric Songs, i Popol Vuh tornano nel 1979 a lambire i confini dell’ineffabile, portando a compimento un viaggio iniziato con Hosianna Mantra e proseguito attraverso una discografia che è, a sua volta, una liturgia sonora senza tempo. Florian Fricke, profeta del sacro attraverso il suono, guida il suo ensemble verso un altro livello di esperienza spirituale: qui, la musica non è solo creazione, ma mezzo per toccare l’anima e risvegliare il divino dormiente in ciascuno di noi.

La continuità con Hosianna Mantra è evidente e palpabile. Entrambi gli album respirano la stessa aria rarefatta, quella di una cattedrale interiore, ma mentre Hosianna Mantra si levava verso l’alto con un impeto di devozione, Die Nacht Der Seele si radica profondamente nella terra, nei ritmi della notte e della meditazione tantrica. È come se Fricke avesse voluto tracciare un cerchio perfetto: dal cielo alla terra, dal canto di lode alla contemplazione del mistero.

Ogni brano è un microcosmo di spiritualità. Mantram Der Erdberührung apre l’album con un mantra che non è fatto per essere ascoltato, ma vissuto. È il suono della terra che pulsa, che vibra sotto i piedi, un inno alla connessione con ciò che è più primordiale e autentico. Segue Engel Der Luft, che come suggerisce il titolo è etereo, leggero, quasi impalpabile. Qui, l’oboe di Susan Goetting si intreccia con le linee vocali di Renate Knaup, creando un dialogo che trascende il linguaggio, un canto che appartiene più agli angeli che agli uomini.

Il cuore pulsante dell’album risiede in brani come Wanderer Durch Die Nacht, dove la chitarra di Daniel Fichelscher e il sitar di Alois Gromer evocano la sensazione di un viaggio interiore senza meta. È la notte che si apre all’infinito, che accoglie il viandante con un abbraccio oscuro e misterioso.

Fricke, maestro dell’introspezione sonora, riduce all’essenziale ogni strumento, ogni suono e riesce a rendere interiore ció che è esteriore. Non c’è virtuosismo fine a sé stesso, solo la volontà di servire qualcosa di più grande, un’energia che si percepisce al di là delle note. Die Nacht Der Seele è tanto un album quanto un’esperienza; è uno specchio in cui l’ascoltatore trova riflesso il proprio volto, trasfigurato dalla luce dell’inconoscibile.

C’è anche una sottile vena di malinconia che attraversa l’opera, come un fiume sotterraneo. È la consapevolezza che ogni esperienza mistica è, al contempo, una perdita e un ritrovamento: si perde il senso del sé, ma si guadagna l’accesso a una dimensione più ampia, più pura.

Die Nacht Der Seele non è solo musica, ma una porta aperta verso qualcosa di sacro. Ascoltarlo è come sedersi in una notte stellata e percepire il respiro del cosmo: un’esperienza intima, solitaria, ma profondamente universale. I Popol Vuh hanno creato non un album, ma un tempio in cui ogni ascoltatore è chiamato ad entrare e lasciarsi avvolgere dal silenzio che respira l’infinito.

Carico i commenti... con calma