Prachya Pinkaew - Ong Bak / 2004 (01 Distribution)

Van Damme, Jackie Chan e Jet Li sono stati grosso modo i tre attori che hanno maggiormente contraddistinto la trasposizione sul grande schermo ed al grande pubblico delle marti marziali dagli anni '80 ad oggi. Adesso è il turno di Tony Jaa. Dopo una gavetta ed una miriade di film semi-sconosciuti con una produzione prettamente locale, a 27 anni arriva la sua consacrazione con il primo film dedicato ad un pubblico occidentale grazie alla 01 Distribution. "Ong Bak" è il titolo di questa pellicola che è una piccola gemma per i contenuti di arti marziali elevatissimi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

Intendiamoci, la trama del film è assolutamente in linea con le sceneggiature del genere: semplicemente oscena. Un guerriero che vive facendosi i cavoli suoi nel paesino sperduto di turno deve cercare di riprendere una pietra sacra (Ong Bak) rubata da mercanti di trafficanti di opere d'arte. Il nostro eroe va in città e contro la sua volontà (perché ovviamente non vorrebbe usare la violenza) spacca il deretano a tutti e cattivoni e si riprende Ong Bak. Manca la gnocca e questo è un bene perché, così facendo, il film non rallenta troppo e lascia il giusto spazio all'unica cosa che rende questo lavoro appetibile: i combattimenti.

Gli attori di contorno sono indecenti al pari dei personaggi. C'è il maestro di arti marziali che predica la non violenza, ma che al contempo insegna a Ting (l'eroe del film) come spezzare ossa a profusione. C'è il finto ribelle, che in verità alla fine diventa buono e si redime. L'antogonista dell'ultimo combattimento fa delle smorfie alla Silvestre Stallone, mentre il capo dei trafficanti d'opere d'arte, costretto su una sedia a rotelle, fa ridere tanto è poco credibile. A questo aggiungiamo un pizzico di umorismo orientale e il mix letale è servito.

Passiamo ai combattimenti che è meglio.

Tutte le scene non sono state ritoccate come va tanto di moda attualmente, ma girate a velocità normale. Il regista in questo caso si diverte in riproposizioni al rallentatore delle mosse migliori da angolature diverse. In questo modo si può apprezzare in toto la tecnica sublime di Tony Jaa essenziale nei movimenti, pulito e molto cinematografico nei salti in cui si prodiga. Scene come quella all'interno del nightclub (20 minuti di puri combattimenti) sono memorabili, ma anche l'epilogo finale all'interno della grotta non delude le attese.

Quello che non sopporto nella stragrande maggioranza dei film di azione/arti marziali è che il protagonista di turno debba per forza di cose essere massacrato nel combattimento conclusivo, prima di prendere il sopravvento per grazia divina. In questo caso il nostro Ting per quasi la totalità del film prende a calci, pugni e gomitate chi gli si para davanti e l'epilogo, lungo, tecnico e spettacolare, è esaltante. Velocissimo, Tony Jaa sembra un animale per come si muove e le prese precise e devastanti lasciano a bocca aperta.

Insomma a parte la sceneggiatura, gli attori, il montaggio, la qualità della pellicola e la colonna sonora questo è un grandissimo film di arti marziali. Pochi momenti (una trentina su cento) morti e tanta, tanta violenza gratuita eseguita divinamente da un fenomeno che fa impallidire action movie come Terremoto nel Bronx (Chan), Senza esclusione di colpi (Van Damme), Romeo deve Morire (Jet Li) et similia che al confronto con Ong Bak paiono filmetti decisamente lenti e parchi di scene altamente spettacolari a profusione.

Solo ed esclusivamente per appassionati.

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