Halloween era una festa pagana, celebrata alla fine di ottobre giusto prima dei mesi invernali. Era legata ai tempi ciclici della natura e delle attività agricole. La prima civiltà dove si ha conoscenza di eventi di questo tipo è quella dei celti (tranquilli che in Italia non l'hanno sdoganata i leghisti, visto che son tanti bravi a citare i Celti a vanvera). Con l'avvento del Cristianesimo la festa è stata soppiantata da quella di Ognissanti, celebrata il giorno dopo, allo scopo di eliminare ogni traccia dai culti pagani per sostituirli con quelli della nuova religione (una pensata simile è stata fatta anche con il Natale, che ai tempi era la festa del Sol Invictus e poi diventata quella che sappiamo).

Cos'hanno in comune Halloween e Natale, oltre al fatto di aver subito interferenze cristiane? Il fatto di essere, al giorno d'oggi, delle colossali baracconate commerciali con un giro di mercato piuttosto consistente, quello relativo all'ex-festa celtica è molto in crescita in questi anni (almeno da noi in Italia). A questo potreste dirmi: "Perché hai fatto tutta questa introduzione assolutamente inutile?". La mia risposta è: voglio parlarvi di un disco intitolato "Halloween". Giustamente potreste ribattermi: "Guarda che è il 4 novembre, sei arrivato tardi!". Io sono pigro, che ci volete far? Niente, quindi di musica vi parlo lo stesso e di grande musica in questa circostanza.

Il calendario segna che siamo nel 1977, in Francia. Un annozero un po' dappertutto visto che stava esplodendo l'ondata punk con tutto il suo strastico negli anni successivi. Eppure, da qualche parte sparsa per il mondo, qualcuno pensava ancora al Progressive e aveva belle intenzioni (nonostante fosse fuori tempo massimo). Lo spazio e il tempo per incidere qualcosa c'era e lo trovarono anche i Pulsar che avevano già all'attivo due lavori: "Pollen", ancora molto acerbo, e "The Strands of The Future", qualitativamente migliore. L'apice arriva con il terzo disco, "Halloween". Cosa li abbia spinto ad intitolare così la loro terza opera non è dato sapere ma il risultato è sotto gli orecchi di tutti quelli che ne sono a conoscenza. Ha creato pareri discordanti gli appassionati di Progressive: chi grida al capolavoro, altri che restano decisamente più scettici. Personalmente tendo a schierarmi verso i primi: è un gioiellino arrivato al momento sbagliato. Fosse stato inciso qualche anno prima avrebbe sfondato, rimanendo incastonato nella memoria di tanti. Cosa c'è inciso? Un calderone incredibile e variopinto dove i numerosi ingredienti si mescolano nelle varie parti che compongono le due suite. Il primo lato si apre con una voce infantile, quasi celestiale, per circa due minuti. Dopodiche si entra nel vivo e allora si sentono intervalli di chitarre acustiche ed elettriche, elementi tastieristici che strizzano perfino l'occhio a certa New-Wave (!), una batteria che quando entra in moto è sempre nel vivo dell'azione e contorni di flauti, clarinetti ed archi. Un disco in grado di alternare parti "mistiche" ad altre inquiete e perfino angoscianti. A rafforzare il tutto ci pensano le voci di Jean-Louis Rebut e Gilbert Gandil.

Non è facile trovare tutto questo in un disco prog, i Pulsar ci riescono portando a termine la loro summa ideologica e compositiva. E' un capolavoro? Probabilmente sì ma sentenze del genere non mi sento di pronunciarle in maniera così esplicita dopo un ascolto del genere.

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