I vecchi Cannibal Corpse sono tornati: questo è stato il mio primo pensiero dopo avere ascoltato la traccia d’apertura di questo disco, pensando di avere erroneamente inserito nella copertina di “Collection Of Butchery” qualche sconosciuta raccolta di B Sides della band di Buffalo.

Sempre dal nuovo continente arrivano questi Putrid Pile, più precisamente dal Wisconsin, già terra di valide band Death Metal: il gruppo, sebbene non di recente formazione, ha dato alle stampe nel 2005 solo un secondo Full Lenght dal titolo “The Pleasure In Suffering” che segue di esattamente due anni il lavoro che mi accingo a recensire. La causa di questa discografia esigua è da ricercarsi nei numerosi cambi di Line Up che hanno dimezzato letteralmente la band, costringendo i due membri attualmente rimasti ad appoggiarsi ad una batteria elettronica. Come ho detto in apertura, il sound di questo complesso cerca di tornare alle radici del Brutal Death Metal e si rifà, più o meno apertamente, ai primi quattro lavori dei sopraccitati Cannibal Corpse, noti mostri sacri del genere; la cosa potrebbe sembrare poco promettente per tutti coloro che (come il sottoscritto) dubitano aprioristicamente dei lavori poco originali, specialmente se rappresentano un esplicito riferimento a band discutibili come quella di cui sopra. In questo caso le cose sono diverse e diverse anche le migliorie apportate dai nostri al sound dell’inossidabile quintetto di Buffalo. Gli ennesimi cloni ?

Più che “cloni”, potrebbero essere definiti “figli”, un titolo che certamente renderebbe maggiore giustizia ai Putrid Pile e ad il loro lavoro. Il tasso tecnico si attesta su livelli medio alti ma di certo non è eminente in un genere musicale basato per gran parte sulla tecnica: questi ragazzi infatti mirano maggiormente all’impatto sonoro che non ai virtuosismi ma non per questo rinunciano a presentare un lavoro suonato bene (cosa affatto scontata nel Metal estremo). Le linee di chitarra sono tradizionali, forse addirittura un po’ scontate, ma tutto sommato riescono nell’intento di rievocare le glorie degli anni d’oro del Death metal, i primi anni novanta, quando ogni canzone inventava qualcosa di nuovo e voleva picchiare più forte delle altre. I riff si susseguono veloci e in numero sufficiente a costruire canzoni dall’ ossatura più che robusta: sotto il profilo compositivo, infatti, il duetto mostra capacità molto buone e riesce a mettere in piedi song tutt’altro che abbozzate, al contrario curate e non ripetitive.

Chiaramente, essendo la materia non propriamente nuova, capita che alcune canzoni si ricordino vicendevolmente ma la coppia riesce ad evitare il peggio, vale a dire la ripetitività più spietata (grande difetto invece dei loro maestri Cannibal Corpse). La Drum Machine è ben programmata, lampante esempio di come si possa “tirare fuori il sangue dalle rape”: la mediocrità di molti complessi (Mortician per fare un nome) è spesso fatta risalire all’uso di questo particolare strumento ma i Putrid Pile riescono a smentire chiunque affermi una cosa del genere, per quanto sia un dato di fatto che un batterista in carne ed ossa sia assai meno limitante di uno virtuale. I Blast Beat sono la base sulla quale vengono poi sviluppate gustose varianti, sempre rigorosamente in linea con i rigidi canoni del Brutal Death Metal. Anche le linee di basso, pur all’interno di una tradizione forte, riescono ad essere creative, grazie a stacchetti niente male.

Dodici le canzoni, alcune delle quali di durata decisamente ridotta ma di eguale efficacia; anzi, paradossalmente è proprio la concisissima “Bodies On Display” (circa un minuto) una delle canzoni meglio venute dell’ intero cd. A parti tirate si alternano rallentamenti molto violenti in puro Old School Style sui quali si intrecciano due diverse tonalità di voce, un lacerante screaming (che preferisco) e un growling molto profondo messo parecchio in risalto dalla produzione. “Collection Of Butchery” non è un lavoro anacronistico, è solo un concentrato di quello che è il Brutal Death Metal semplice e diretto ma già libero dalle ingerenze del Thrash: chi vuole un disco suonato bene, composto da dodici belle canzoni su dodici, ci si butti a braccia aperte, chi invece volesse fare lo schizzinoso e preferisse qualcosa di più moderno può dargli un ascolto, ma dubito che ne rimarrà affascinato più di tanto.

In ogni genere musicale ci va chi continua la tradizione e chi invece va in avanscoperta: mentre i secondi, giocandosi tutto, possono vincere molto, i secondi puntano poco e di solito non perdono più di tanto. Ogni tanto qualcuno vince qualcosa, i Putrid Pile ne sono la prova.

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