Quando ci si trova di fronte a un capolavoro spesso accade il silenzio. Silenzio è stupore per ciò che trascende. Scrivere con verità di questo album è perciò il compito più arduo.

Citare un pezzo piuttosto che un altro significherebbe tradire la potenza visionaria di quest'opera. Non stiamo qui parlando semplicemente di uno degli album più belli e al contempo rivoluzionari che la storia dell'hip hop abbia mai visto, ma probabilmente dell'album più significativo dal punto di vista artistico che negli ultimi anni sia apparso su questo pianeta.

Ascoltare "The Further Adventure Of Lord Quas" non è esperienza di ascolto, è esperienza originaria. Esperieza che getta nell'oblio, oblio di sè, oblio della musica stessa, oblio del proprio tempo. La portata decostruttiva di questo disco è tanto forte da coinvolgere l'ascolatatore in un vero e proprio naufragio esistenziale. I Punti di riferimento sono così tanti che il loro perfetto, folle assemblaggio ne dissolve il contenuto.

Tutto appare rarefatto come in un eterno skit di suoni, o meglio, come infiniti skit dove la parola svanisce con il tempo. Le rime all'elio di Madlib sono caustiche, insensate, fuori tempo, fuori mondo; spesso accadono sul beat senza direzione, nè perchè, come immagini in un film di Van Peebles. Anche laddove il pezzo sembrerebbe più logico (come in "Rappcats", un apologia dell'Old School), ti accorgi che in realtà stai ascoltando un inarticolato elenco di nomi.

Dialoghi, rime, immagini, suoni... Tutto è uno. Le differenze, come comprese in un'unica follia, si annullano. Non esistono più confini (come tra un pezzo e l'altro per esempio), come non esiste più nemmeno questo disco, forse neanche la musica.

Lord Quas non è un personaggio di fantasia, non è neppure l'invenzione di una mente, Lord Quas è quel pazzo che al mercato annuncia: La musica è morta!

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