Ho scoperto i Queen nella primavera del 1992. Freddie se ne era andato meno di sei mesi prima. Ricordo che dentro me si facevano largo sensazioni contrastanti. Da una parte c’era lo stupore per essere stato abbastanza fuori dal mondo da essere arrivato così tardi, dall’altra c’era la tristezza per la morte prematura e assurda di un genio della musica. L’alibi era però a portata di mano: avevo appena dodici anni. Il tempo per rifarmi era enorme: quattordici album da scoprire, uno dopo l’altro.
Dopo trent’anni esatti posso dire che Freddie Mercury, Brian May, John Deacon e Roger Taylor siano per me di famiglia. Posso dire di aver consumato i loro dischi a furia di ascoltarli e dopo aver avuto l’opportunità di calpestare la stella a loro dedicata sulla Walk of Fame di Hollywood, posso altrettanto ammettere di aver perdonato quel preadolescente arrivato in ritardo.
I Queen hanno sempre pubblicato tutto quello che hanno scritto, ogni singola canzone. Ma qualcosa, a quanto pare, è rimasto in fondo al cassetto della scrivania di Garden Lodge.
“Face It Alone” fa parte a tutti gli effetti della categoria delle rarità illustri. Resta da capire se al tempo fosse stata considerata una futura b-side o solamente una canzone da tenere nascosta per presumibili motivi, che saranno chiari una volta ultimato l’ascolto.
Datata 1989, avrebbe dovuto far parte della tracklist dell’album “The Miracle” (quello di I Want it All e Breakthru). Buona cosa che i superstiti abbiano deciso di pubblicarla oggi, mi verrebbe da dire. Perché dopo trent’anni e la lunga coda dell’effetto nostalgia, parliamo di carburante puro per le nostre emozioni.
Intima, rassegnata, privata. Questi sono i primi tre aggettivi che mi sono saltati in testa dopo il primo ascolto. Il lavoro di pulizia che è stato fatto sulla registrazione originale è incredibile. L’eco delle percussioni in apertura ricorda il rumore di un pallone da basket che rimbalza sul parquet di una piccola palestra (passatemi il paragone cestistico). Poi parte il pizzicato onirico di Brian May, che introduce la calda voce di Freddie. Qui ci sentiamo come se stessimo rincontrando un caro vecchio amico, che ormai ci eravamo rassegnati di aver perso.
Le tre ottave di Freddie si scaldano solamente, graffiano ma si avvicinano solo per un attimo ai meravigliosi picchi ai quali ci ha da sempre abituati. È la fine degli anni Ottanta e la tremenda scoperta è stata fatta da poco. Il conto alla rovescia è cosa concreta e la rassegnazione è parte integrante del testo. L’anima brucia e sai che devi piangere e gridare:
“When something so dear to your life explodes inside
You feel your soul is burned alive (burned alive)
When something so deep and so far and wide falls down beside
Your cries can be heard so loud and clear”
Ma nonostante tutto, la forza d’animo deve necessariamente prendere il sopravvento. Perché spesso siamo soli ad affrontare sfide così difficili. La vita è tua e devi affrontare tutto da solo:
“Your life is your own
You're in charge of yourself
Master of your home
In the end
In the end
You have to face it alone”
Ci sono le illustri corde della Red Special, dalle quali nasce, a metà brano, un bell’assolo di Brian May. C’è anche il morbido basso di John Deacon, che accompagna il timido rullante di Roger Taylor. C’è Freddie, ancora una volta come fosse la prima e questa è l’unica cosa importante.
Credo che “Face It Alone” non possa essere definita in alcun modo b-side, tanto per i suoi contenuti, quanto per la qualità della sua composizione. Anche se come al solito leggo troppa severità, sono in parte d’accordo con la critica, che ritiene il brano importante in sé solo perché presentato nel bel mezzo di un’astuta operazione nostalgia. A quanto dice il Guardian se “Face It Alone” avesse trovato la collocazione temporale originariamente prevista, ce ne saremmo dimenticati in fretta, smarrendola tra tante canzoni che nei decenni successivi avrebbero poi fatto la storia e riempito i “Greatest Hits”. Forse se provassimo ad essere più cinici e meno romantici, potremmo anche essere d’accordo.
Sicuramente ascoltando questo pezzo non gridiamo al miracolo o ci chiediamo come abbiamo potuto vivere senza fino ad oggi. Ma è tutto soggettivo. O forse no. E’ indubbio che una band come i Queen e un frontman come Freddie Mercury nascano ogni mille anni.
E mentre aspettiamo che accada ancora, a noi interessa soltanto ricordare. Senza se e senza ma.
Carico i commenti... con calma