Più che un concerto quello del 14 giugno a Modena è stato un evento dalle proporzioni gigantesche. Il ritorno in Italia di un gruppo amato e compianto, che molti ormai pensavano fosse solamente un ricordo catturato in quattro album storici e, per alcuni più fortunati, una furia devastante osservata all'opera ben 8 anni fa, quando rappresentavano la realtà più grande del cross-over e dell'alternative rock in tutto il mondo, all'apice della loro carriera, che muoveva folle oceaniche in ogni angolo del mondo dove si trovasse a suonare: i Rage Against The Machine.
Sembra come se il divario di otto anni non ci sia mai stato, una volta terminata la giornata del 14 giugno. La folla oceanica c'è, ed è numerosa quanto la popolazione del mio paese di provincia; i classici, alcuni dei quali di sedici anni fa, vengono accolti con boati clamorosi, e otto anni in più, per questi non più ragazzi californiani, non si sentono per niente: si notano soltanto nell'assenza dei dreadlock nella capigliatura (ora riccioluta) di Zack De La Rocha, e nei visi più segnati di Tim Commenford e Brad Wilk, ma per il resto sono gli stessi di sempre, dalle chitarre (e dal cappello) utilizzate da Tom alla stella rossa gigantesca presente come sfondo.
La giornata del 14 giugno inizia con pioggia fortissima e tantissima gente accalcata nella piccola stazione, tutti con magliette, cappelli, spille o toppe rimandanti alla band, che, di lì a poche ore, incendierà lo stadio Braglia. Nelle prime ore pomeridiane, tantissime comitive bazzicano la zona dello stadio, accodandosi piano piano alla folla immensa che attende l'apertura dei cancelli. Una volta all'interno dello stadio ci si rende conto di che cosa si sta per vivere: c'è un palco gigantesco con impianto luci enorme, tribune che piano piano si gremiscono e prato che, per ogni presente, diventa sempre più stretto. Alle 19:30 salgono sul palco i Linea 77, ma eseguono poche canzoni, molte estratte dall'ultimo album, penalizzando i primi lavori e non entusiasmando del tutto il pubblico, nonostante una buona performance, carica di energia. Decisamente peggio il gruppo successivo, i Gallows, sconosciuti per gli italiani e fautori di uno scialbo hardcore new school con rare (e orrende) scariche di metalcore.
Terminata l'esibizione del secondo gruppo di spalla, il pubblico inizia a non poterne più dell'attesa, non appena vengono scoperti gli amplificatori di Morello e Commenford un boato risuona in tutto lo stadio Braglia, ma ci vorrà ancora una mezz'ora prima che un suono di sirena militare annunci la presenza di quattro uomini sul palco, l'uno accanto all'altro vestiti con tute arancioni e cappucci neri, come i prigionieri di Guantanamo, immobili, tra le urla di entusiasmo della folla. Due roadie mettono nelle mani di uno degli incappucciati una familiare chitarra grigia con scritto "Arm the Homeless" in rosso, nelle mani di un altro un basso Fender, il terzo incappucciato si defila e prende posto dietro la batteria, l'ultimo rimane immobile, braccia dietro la schiena, e parte il riff iniziale di Bombtrack, le urla della folla sono ormai al massimo dell'intensità, piano piano sale la batteria, e all'attacco già non si capisce più niente, chi vola a destra, chi a sinistra, chi cade, chi spinge, un mare incontenibile di persone che viaggia da una parte all'altra del prato scosso dalla potenza del sound dei californiani amplificato a meraviglia da cassoni prepotenti e mastodontici.
Tolte le tute ed i cappucci è subito la volta di Bulls on Parade, classico dei classici, seguito da People of The Sun, Testify e Know Your Enemy, accompagnate da un pogo violentissimo, con la band che sembra più in forma che mai e soprattutto un Tom Morello spaventoso, che nonostante sia il membro più anziano del gruppo non si risparmi salti e plettrate frenetiche, assoleggiando in piedi sui monitor per poi saltare di nuovo sul palco, così come Zack De La Rocha si nota subito essere in serata, rappa alla grande e si muove come un dannato, urla come se avesse vent'anni e reinterpreta con stile molte parti delle sue canzoni.
La scaletta prosegue imperterrita a colpi di classici, ovazioni per i soli di Tom Morello e per i duetti basso-batteria e proclami politico-sociali di Zack. Down Rodeo è la canzone meno aggressiva (e tra le migliori cinque) del repertorio, accompagnata da un continuo su e giù a tempo delle 22000 teste presenti, poi piano piano vengono fuori Bullet in The Head, in cui il mosh si fa pericoloso, Calm Like A Bomb, Sleep Now In The Fire (probabilmente tra le più pogate), in cui la parte centrale è stata prolungata tantissimo, Guerrilla Radio, Renegades Of Funk, la più "ballabile", suonata con nuovi cambiamenti apportati dalla band, Born of A Broken Man e l'applauditissima Wake Up, con discorso politico anti-Bush e anti-Berlusconi di Zack De La Rocha nel finale, invitando al risveglio la popolazione italiana. La band si prende una piccola pausa, il pubblico rimane immobile attendendone il ritorno, ed ecco l'attacco dell'attesissima Freedom, continuata con un medley di Township Rebellion. Dopodichè il gran finale è affidato ai riff taglienti di Killing in The Name, che fa letteralmente impazzire la folla, ed è un vero spettacolo vedere dal prato persino la tribuna in tumulto, fino al riff finale, dopo il quale Tom Morello si sfila la fender Telecaster nera e la lancia via sul palco, i quattro si abbracciano e sorridono al pubblico, salutano e si concedono a miliaia di flash che risplendono in ogni angolo dello stadio.
Peccato sicuramente per pezzi come War Within A Breath, No Shelter, The Ghost Of Tom Joad, How I Could Just Kill A Man ed I'm Housin, che avrebbero arricchito la già fenomenale scaletta ma sono stati ingiustamente esclusi, ma è tutto perdonato, poichè lo show è stato lungo, le canzoni sono state allungate da nuovi cambi e passaggi dilatati, dimostrando tutta la bravura del gruppo nel reinterpretare sè stesso e l'ovvia superiorità rispetto alle miriadi di gruppi-clone e "crossover" susseguitisi dal 2000 ad oggi, che hanno contribuito alla saturazione di un genere che, grazie in particolare ai Rage Against The Machine aveva preso piede nel mondo della musica.
Insomma, un'esperienza unica, da vivere fino in fondo, uno spettacolo straordinario, perchè vedere simile carica e passione in quattro persone in età non certo da boy band significa poter affermare a tutti gli effetti di aver visto dal vivo i Rage Against The Machine, la miglior band anni '90, la più compianta dal 2000 in poi, e non una brutta copia tornata insieme solo per motivi commerciali.
Si spera che Zack De La Rocha abbia finalmente capito la lezione.
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