"Difficult To Cure".

Non vi è titolo più azzeccato per la personalità di Ritchie Blackmore; è difficile da curare la sua mania di cambiare line-up ad ogni album. Nel 1981 decide di silurare sia Graham Bonnet che Cozy Powell e ingaggia il batterista Bobby Rondinelli e il cantante AOR americano Jou Lynn Turner. Ed è proprio sul genere Rock-Pop americano è incentrato il primo album della Mk V dei Rainbow. Scompaiono ormai del tutto gli elfi e gli stregoni, tanto cari all'epico rock di stampo Ronnie Dio. Tecnicamente un ottimo album non c'è dubbio, l'apporto di Don Airey alle tastiere è prezioso, così come la sezione ritmica creata dal duo Glover-Rondinelli.

L'album si apre con "I Surrender" (fu anche il singolo del disco). Sembra un reflusso del precedente "Down To Earth" (che io apprezzo tra l'altro), canzone costruita appositamente per la voce di Bonnet, e alla quale Turner deve adattarsi. Canzone orecchiabile, tipica AOR, ma non indimenticabile. Indimenticabile è invece "Spotlight Kid", la speed-track che aprirà i concerti degli anni '80. Un pezzo perfetto, veloce, con un intermezzo neo-classico eseguito da Blackmore (tanto per non perdere la mano) e con assolo di moog da parte di Airey.

"No Release" sembra, invece, uscire da un album di Michael Jackson, bello l'intro di Blackmore e la canzone sembra promettere bene, ma si perde un per strada, sfociando in un brano pop, quasi da disco. "Magic" è più una canzone per riempire l'album, troppo studiata e poco ispirata. In parole povere: un lavoro di mestiere.

 "Vielleicht Das Nächste Mal (Maybe Next Time)" è una bellissima strumentale, segno evidente che quando ci si allontana dall'AOR, si compone qualcosa di buono. Ottimo il duetto tra Blackmore e Airey, che si alternano e si sostengono a vicenda. Anche questo brano, a mio modestissimo parere, sembra risentire ancora delle influenze dell'album precedente, diciamo che c'è molta più Gran Bretagna che USA. Ci ritorniamo negli USA grazie a "Can't Happen Here". Un bel rock 'n' roll riadattato agli anni '80, nel quale Blackmore ci inserisce ancora un intermezzo classicheggiante che da quel tocco in più e ci regala un assolo ben fatto e grintoso, come la prestazione di Turner.

 "Freedom Fighter" è un'altra canzone per le radio americane, mentre è estremamente interessante "Midtown Tunnel Vision", nel quale Turner cerca di calarsi nella parte del cantante blues, una canzone dall'intro hendrixiano (e ricorda vagamente "Dealer", dall'album "Come Taste The Band", dei Deep Purple). Il risultato è, secondo me, davvero ottimo; fa sempre bene un pò di blues.

L'ultima canzone è la title track, ovvero "Difficult To Cure" , sicuramente la conze migliore dell'album ed una delle più belle dei Rainbow di sempre. L'intera canzone rivisita, in chiave rock, la Nona Sinfonia di Beethoven (e confesso che grazie ad essa mi sono appassionato a quell'opera). Canzone avvolgente, dalle prime note si capisce che si sta per ascoltare una pietra miliare dell'Hard Rock. Blackmore raggiunge col suo assolo picchi di bravura straordinari, se poi ci aggiungi anche l'accompagnamento di Aiery, che si avvale dei vari effetti (dal chorus allo strings), il risultato è semplicemente meraviglioso.

L'esordio Turner è senza dubbio buono e la sua cultura musicale porterà al tanto sperato cambio di genere voluto da Blackmore, portando i Rainbow verso un Rock più commerciale per il  mercato statunitense.

Per gli amanti dell' "Arcobaleno" questo disco non può mancare.

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