Toto...I've the feeling that we aren't in Kansas anymore...We must be over the Rainbow!.
Con questa citazione dal film IL MAGO DI OZ iniziavano i concerti dei magici Rainbow di Ritchie Blackmore nel periodo con R.J. Dio come singer e con quindi il gruppo votato sempre ad un tipico sound mistico-medievale. La scenografia era molto scarna; tutto era incentrato nei musicisti e nelle loro performance, performance immortalate in questo grande Live Album: ON STAGE

Il disco parte con il furioso assalto di KILL THE KING, una speed song caratterizzata da un tappetto ritimico di doppia cassa devastante di Cozy Powell e dai continui duelli tra tastiera e chitarra. Dio dimostra subito di essere in ottima forma, come del resto anche Ritchie che sfoggia un assolo molto coinvolgente e teatrale. Il riff storico di Man On The Silver Mountain apre un medley in cui troveranno spazio la stessa MAN ON THE SILVER MOUNTAIN seguita da una divagazione blues di Blackmore e da un'accenno di STARSTRUCK. Man On The Silver Mountain mantiene la struttura originale (nonostante il ritmo venga parecchio accelerato) trascinato dal riff di Blackmore e dal cantato di Dio. In chiusura canzone Ritchie improvvisa (seguito dal resto della band) un blues molto affascinante e sognante. Finito il blues Dio attacca con un breve accenno a STARSTRUCK che viene collegata di nuova a MAN ON THE SILVER MOUNTAIN, che chiude ottimamente il medley.
Alla terza traccia troviamo CATCH THE RAINBOW, fulcro centrale di tutto il disco. La versione qui presente è molto lunga e dilata (15 minuti) e, a mio parere, migliore di quella in studio. Introdotta da un soffice intro di Blackmore, la canzone mantiene intatta tutta la sua aura evocativa e sognante che aveva in studio (grazie ancora ad un'ottima prova di Ronnie alla voce), ma viene caratterizzata da due stupendi assoli di chitarra, suonati con maestria e gusto da Ritchie. La canzone, con tutti questi cambi di atmosfera e crescendo risulta così molto coinvolgente.
Presentata da Ronnie come un pezzo scritto da Blackmore durante la sua peramanenza nei Deep Purple, la band suona un'ottima versione live di MISTRATED. Il cantato di Dio è molto diverso e si differenzia molto da quello di Coverdale, risultando molto più potente e cristallino e meno sofferto. Anche qui troviamo un ottimo stacco centrale nel quale Blackmore si diverte ad accarezzare la sua chitarra, dimostrando ottimo gusto e classe. Ottima anche la prova di Powell dietro le pelli (rispetta molto l'originale drumming di Paice). XVI CENTURY GREENSLEEVES è una canzone molto coinvolgente che punta tutto sulla fisicità del suo riff (anche qui non manca una stupenda intro). Il cantato di Dio è magistrale, caldo e potente. Si chiude con una cover degli Yardbirds STILL I'M SAD qui presentata in una stupenda versione cantata e caratterizzata da un grande assolo di tastiera di Carey e da un drumming molto deciso.
Da notare anche qui in questo disco, la grande produzione di Martin Birch, veramente impeccabile.

Un vero capolavoro.

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