Al gioiello di Arch/Matheos arriva la risposta di Ray Alder, alla sua prima prova da solista. Il vocalist dei Fates Warning risponde con un disco che succedendo a quello dell’accoppiata ricalca effettivamente la cronistoria della band di provenienza e ciò che avvenne alcuni anni dopo l’arrivo di Ray a fine anni ’80, come se questo disco fosse una conseguenza, un seguito, una parte 2 di un’ipotetica monografia dei Fates Warning in cui ciascun cantante ripercorre il proprio periodo d’oro nella band. Infatti mentre il disco di Arch/Matheos riprende diversi stilemi dei Fates Warning anni ’80 in chiave moderna il disco di Ray invece riprende il sound della band nei primi anni ’90, con anche qualche elemento più recente. “What the Water Wants” si rifà al periodo più leggero e melodico, meno metal e meno prog, quello di “Parallels” e “Inside Out”, e lo fa in una modalità persino più soft e levigata, viene persino il dubbio che l’album si possa definire metal ma anche dalla varietà strutturale del prog siamo ben lontani, con brani abbastanza legati ad una dichiarata forma canzone.

Non aspettiamoci però nulla di originale o particolarmente memorabile, non manca la classe ma abbonda l’autocitazionismo, c’è troppa voglia di riprendere un certo tipo di sound e poche idee veramente nuove e fresche. E non sempre il tentativo è riuscito al 100%, ad esempio dobbiamo fare i conti con un tentativo un po’ troppo spudorato di imitare la chitarra di Jim Matheos senza centrare pienamente l’obiettivo, le chitarre non riescono a suonare affilate e pulite come vorrebbero. Anche dalla voce di Ray ci si aspetterebbe di più, un disco che vede il tuo nome in primo piano dovrebbe essere una promessa di impegnarsi a tirare fuori qualcosa che non hai tirato fuori nei dischi realizzati con la tua band, ad approfondire il tuo bagaglio, invece il vocalist preferisce non andare oltre, fa egregiamente ciò che gli riesce meglio senza osare troppo.

Tutte considerazioni comunque superflue e tipiche del nostro mestiere di critici musicali, quando si ascolta alla fine si dimentica tutto e ci si lascia trasportare senza troppi problemi da brani efficaci con melodie azzeccatissime che chiunque può apprezzare senza far storie. Impossibile non apprezzare ad esempio gli acuti di chitarra e l’urlo nel ritornello di “Lost”, il basso pestante con ritmica funk di “Crown of Thorns”, i tocchi delicati e raffinati di “Some Days”, i toni malinconici di “The Road”; tutti brani che agli estimatori dei Fates Warning melodici di inizio anni ’90 non possono che piacere. Non da meno i suoni spigolosi di “Under Dark Skies” e “The Killing Floor”. I ritmi si fanno veloci in “A Beautiful Lie” mentre le restanti tracce sembrano più marcatamente metal e imparentate con i Fates Warning un po’ più cattivi delle ultime produzioni; un’aggressività contenuta caratterizza “Wait”, chitarre invece più taglienti in “What the Water Wanted”, ma il brano più pesante in assoluto è “Shine”.

Complessivamente un buon dischetto, di maniera ma efficace, una pubblicazione forse non indispensabile ma assolutamente piacevole.

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