Paura Sgomento Perversione
Con "Great White Death" l'estetica del brutto raggiunge uno dei suoi vertici.
Dato alle stampe nell'anno 1985 (è l'ultimo lavoro uscito per l'etichetta Come Organization) "Great White Death" non è nemmeno l'opera più violenta dell'entità Whitehouse (che, amiamo sempre ricordarlo, con il loro lavoro del 1981 "Erector", configurarono gli standard di un intero filone dell'elettronica, definito poi power electronics, prole bastarda dell'industrial-sound britannico degli anni settanta).
Non è la prova più brutale, ma William Bennett trova qui la sua piena maturità, e nel profondo gap che si spalanca fra il timido cinguettio dell'elettronica e la terribile iconoclastia della performance vocale, rinveniamo uno sconcertante abisso che non fa che accrescere lo sgomento innanzi ad un'opera di tal fattispecie.
Bennett è una iena, un cane rabbioso e sbavante, e titoli come "Ass-destroyer", "Rapemaster", "I'm Comin' up your Ass" e "My Cock's on Fire" ben esplicitano la virulenza verbale che caratterizza le invettive (sempre a sfondo sessuale) di cui la basse frequenze nel sottofondo non sona altro che uno scarno sofà dove inscenare le orge più sanguinolente.
"Great White Death" è una cella di un manicomio criminale imbrattata di feci e sperma, dove Bennett risiede, si agita, dà testate contro il muro.
La musica è uno lontano riverbero, ben fatta, ma poca roba innanzi ai bestiali latrati che squarciano il velo della decenza con una autenticità tale che pare di assistere in diretta alle riprese di uno snuff-movie: a volte trattati (come il borbottio rallentato nella title-track), qua e là filtrati, ma il più delle volte conservati nella loro viva e sconsolante realtà, rappresentano un'ulteriore tappa di quel percorso che la musica, non più musica, ha coraggiosamente intrapreso a partire dalle arditezze sonore sperimentate dai Throbbing Gristle quasi un decennio prima.
Sono il fiato corto, il perverso ansimare, gli acuti spacca-gola a gelare il sangue, le improvvise impennate d'iracondia che fanno sussultare, come acuminate lastre di ghiaccio conficcate nella giugulare: odio ed agonia si confondono in un soliloquio incontrollato che non trova sfogo se non nel delitto, nel sopruso, nella violenza verso se stessi e verso gli altri (nella misogina filosofia bennettiana sono generalmente le donne a farne le spese): vivida metafora della necessità di sprigionare quel serbatoio di pulsioni compresse dalle costrizioni della vita civilizzata, affinché l'uomo si riconcili con la sua porca natura.
Il confine è ormai varcato: Bennett, sorta di De Sade del ventesimo secolo, non sembra temere alcunché. Poco gli importa se in molti si stanno chiedendo se la sua "musica" sia l'opera di un artista che ha fatto dell'estremo la sua stella polare, o semplicemente lo sproloquio di un ciarlatano. Critiche che, il più delle volte, non partono da quegli ambienti bigotti e benpensanti contro cui i suoi ululati sono rivolti (a dimostrazione di come gli Whitehouse diano filo da torcere anche ai timpani più allenati). Anche perché probabilmente, al calore di case ben ammobiliate, a spasso con la famigliola il sabato pomeriggio, o sulle panche alla messa la domenica mattina, ignorano costoro (i bigotti e i benpensanti) che qualcuno, nel profondo di uno lercio studio di registrazione, o da un palco in qualche sudicia bettola, si accanisca con tanto furore contro di loro e contro il loro stile di vita.
Un sound più corposo lo ritroviamo nell'ultima traccia "My Cock's on Fire", presente nella Special Edition che consiglio caldamente: un baratro dronico lungo tredici minuti dove l'elettronica (un truce ribollire di compressori e distorsioni di chitarra) torna a fare il suo dovere, strisciante come un torbido fiume su cui Bennett, allucinato Jim Morrison Caronte pervertito metalmeccanico, naviga liberamente imbrattandoci le orecchie di ogni sorta di nefandezza.
Per chi non avesse il cuore di buttare soldi in questa roba, può abilmente compensare procurandosi un paio di guanti di cartavetrata, e concedersi un'approfondita esplorazione del proprio sesso.
Elenco e tracce
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