Chiudo ufficialmente il mio periodo di inattività DeBaseriana con una nuova recensione, la prima di tante altre che sto preparando. Dopo una lunga ricerca finalmente sono riuscito a trovare la discografia dei No Connection. È stata una vera impresa, ma ora posso recensire le loro opere. Ma partiamo dall'inizio, in quanto questa band classic-rock britannica è sconosciuta ai più. Forse qualcuno li avrà già (vagamente) sentiti nominare: potrebbe essere per via della serie di videogiochi di corse FlatOut, vero e proprio manifesto pubblicitario a favore dei No Connection, che in due dei suoi capitoli comprende in tutto cinque tracce dei nostri, a quanto pare le più belle.

Ma passiamo a recensire la prima opera di questo mio ciclo. In realtà ho scelto di partire non dal disco d'esordio, "Justified" (quasi introvabile, anche online), ma da questo buon "Feed The Machine", uno dei migliori, che ho ritenuto meritevole di un buon giudizio. Infatti l'accoppiata di canzoni che apre l'album - la title-track e "Burnin'" - è veramente ottima. Ritmo travolgente, parti strumentali più che buone; inoltre la voce del cantante (oltre che chitarrista) Graham Young è perfetta per il genere. Tra l'altro le due canzoni sono presenti nel primo capitolo di "FlatOut". Sarà un caso? Comunque è alquanto ovvio che non posso spendere solo parole d'elogio (purtroppo) per questo disco, che, non è troppo azzardato dirlo, non raggiunge più i livelli di queste opening-tracks. Specialmente le canzoni più tranquille, come le ballate "Beautiful" e "Love The Illusion", assumono toni decisamente ripetitivi e noiosi e finiscono per non coinvolgere assolutamente l'ascoltatore. Ma ci sono anche canzoni che potremmo dire che meritassero di più, dopo averle ascoltate più volte. È il caso di "Don't Need Your Love" e "Right Place Wrong Time", per dirne due. Ma in queste (ed altre) c'è un'importante, incredibile difetto: manca un assolo. E il buon Graham ha decisamente i mezzi per sfornare un assolo degno di nota, come sentiremo nella seconda metà dell'album, più propositiva dal punto di vista strumentale, specialmente in "Take It From Me" e "Pity The Fool", ma che tocca il suo apice in "God & I", comprensiva di una parte strumentale decisamente sopra la media dell'album, a dispetto del cantato, non proprio il massimo.

L'album termina poi con "Got Your Number", che riporta un po' di convinzione nei propri mezzi al trio britannico, anche se, come detto, non ai livelli qualitativi delle migliori canzoni. Personalmente penso che questa band abbia un ottimo potenziale, anche se, ascoltando album come questo, sembrerebbe che abbiano poca fantasia nello scrivere canzoni, e la maggior parte scorre senza lasciare tracce ai primi ascolti, addirittura invogliando l'ascoltatore meno paziente a cambiare canzone (o disco). Tuttavia, il mio giudizio finale è più che meritato per i lati buoni mostrati.

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