I Five Finger Death Punch, un gruppo groove sulla cresta dell'onda da alcuni anni. Stavolta sapete in molti di cosa sto parlando (ma sto già preparando una nuova recensione sconosciuta): nel bene o nel male i 5FDP sono diventati una delle realtà del panorama metal moderno, e finora hanno riscosso sempre più successo ad ogni album. Strano che qui su DeBaser ci sia solo una recensione, del primo album, scritta (e bene) da Gallagher87, che vi invito a leggere per sapere qualcosa in più sul gruppo, senza che mi ci soffermi molto. Voglio solo dire che la band, originaria degli USA, possiede elementi di ottima caratura: dal batterista Jeremy Spencer, maestro della doppia cassa, fino al cantante Ivan Moody, dalla voce particolare e adatta a più registri, senza tralasciare la talentuosa coppia di chitarristi Hook-Bathory e il barbuto Chris Kael dal basso possente. Le premesse per far bene ci sono, ed è ciò che hanno fatto: ma oggi parlerò del terzo album, "American Capitalist", e non del secondo "War Is The Answer", su cui forse ritornerò. Ma se volete recensirlo voi, fate pure, tanto siamo (si spera) in democrazia.

"American Capitalist" esce con un'enorme custodia, comprensiva di cd, cd di remix (che da metallaro incallito ritengo assolutamente inutile), foglio ripiegabile con testi scomodissimi scritti su tutta la sua lunghezza e foto da ricconi dei membri della band, e locandina simil-Hollywood dove il disco è presentato come fosse un film, aspetto riscontrabile anche nella copertina, con scritte del tipo "5FDP strikes again, with their latest offering American Capitalist". Per carità, tutto simpatico, ma in fin dei conti ci interessa la musica e basta, no? Allora dedichiamoci alle 11 canzoni di quest'album, che, seguendo il classico stile dei Five Finger Death Punch, si uniformano alla loro classica struttura "strofa cazzuta-ritornello orecchiabile", proponendo però alcune variazioni sul tema che risultano un piccolo passo verso l'ultimo doppio disco uscito, "The Wrong Side Of Heaven And The Ecc. Ecc.", ancora più vario (vorrei vedere, con quasi 40 canzoni). Ecco perché mi risulta difficile lasciarne fuori qualcuna, ma vedrò che posso fare.

Diciamo che la title-track che apre l'album è la sintesi perfetta di tutto quello che ho detto finora, ma ancora non la più bella, pur proponendo una dose di cattiveria non indifferente, che si estende anche agli insulti vari lanciati nei testi; questi ultimi rimangono principalmente incentrati sulla guerra, cosa che possiamo dedurre dalle frasi ricorrenti del tipo "only the strong survives" e "life never favoured weakness". "The Pride" si presenta simile, ma con un ritornello molto più convincente (da cui peraltro ho tratto queste frasi), e penso si meriti un ottimo piazzamento, al fianco della settima traccia "Back For More", che ha al suo attivo un splendido assolo con un buon cambio di tempo, oltre all'ormai solito ritornello. Tra le "variazioni sul tema" che ho nominato prima penso sia doveroso citare tre canzoni che rallentano il ritmo, ma che rimangono comunque tra le migliori: "Coming Down" e "If I Fall" presentano spunti heavy, senza però accelerare il tutto, di modo che queste tracce spezzino in qualche modo il corso dell'album, visto che altrimenti saremmo veramente qui a parlare di un unico copia-incolla; il fatto che siano posizionate strategicamente sempre tra due pezzi heavy poi rafforza questo effetto. Come altro punto a favore poi ci sono sicuramente i testi, che in questi casi lasciano le ambientazioni belliche per adeguarsi alle situazioni, tendenza poco seguita finora (giusto "Far From Home" del secondo album) che porta i 5FDP a percorrere il già citato percorso di cambiamento, termine inteso ovviamente con le giuste proporzioni. E tutto ciò è ancora più evidente nella terza di queste canzoni, che si avvicina decisamente ai canoni, però non del tutto inediti come detto, della ballad: "Remember Everything". Ascoltarla senza avere il testo sotto (o comprenderlo ad orecchio, che non è così difficile) fa perdere molte delle emozioni insite nell'ottava traccia dell'album, che ci narra in prima persona la storia di un uomo che si scusa con la sua famiglia per... non ci è dato saperlo esattamente, ci sono motivazioni diverse per ogni componente. Riconosco che il ritornello non è il più bello mai sentito in assoluto, anche se mi piace molto, ma il cuore della canzone è nelle strofe, che, strutturate in "Dear (membro), please (perdonami/non odiarmi), (motivo)" e cantate da un insolitamente poetico Moody, riescono a comunicarmi proprio quelle emozioni. Poi troviamo qua e là spunti ed episodi interessanti, come "Under And Over It" e "Generation Dead" per citarne due, comunque gradevoli da ascoltare, che portano avanti l'album senza lode e senza infamia.

Insomma, sapevo cosa avrei trovato, abituato agli standard del quintetto di Los Angeles, quando in Inghilterra per ignoti motivi lo preferii a "War Is The Answer". Devo dire che, seppur un po' titubante all'inizio, mi sono ritrovato ad ammettere che è stata la scelta giusta, visto che questo è un disco che non avevo mai considerato ampiamente fino ad allora. Poco altro da dire, che piacciano o no i Five Finger Death Punch sono in circolazione e pare che per ora non abbiano intenzione di farsi oscurare. E io ne sono felice.

Carico i commenti...  con calma