Per iniziarvi all'opera omnia di Kylie Minoise, ho ritenuto prendere in considerazione il suo lavoro più evidentemente easy listening, il più concettualmente pop: la cover di You Suffer dei Napalm Death.

Se la progettualità ha evidenti fini speculativi, ben saldati alla contingenza reale del music business e delle sue consuetudini - avendo alcuno scopo immediato oltre la celebrazione dei vent'anni di SCUM, commissionata dalla Kovorox Sound nel deumilasette - è invece il processo fattivo a proiettare l'operazione nel mondo triviale - nel senso di trivio - dell'arte, della matematica applicata, della metafisica musicale: una conversione sonora di secondi in gradi, una sublimazione temporale in musica. Un secondo e quattro decimi svolti in un grado e quaranta secondi.

Se i filosofi arcaici avessero potuto disporre di questo disco, avrebbero saputo con certezza di aver intuito giusto sul significato ulteriore, celeste, ultraterreno, meta-matematico del suono.

Il compito non facile di descrivere le complesse nervature, i percorsi sonori generati dall'operazione, è ulteriormente complicato dallo scaturire della visione e della suggestione, troppo intimi e individuali per interessarci in questa sede: è comunque indubitabile un ingresso in ambiente simil-feedback intorno al quarantatreesimo minuto di ascolto, come sembra evidente la virata dark ambient a partire dal quarto d'ora, frutto di input materici di sinistra - ma identificata - provenienza: tenendo ben presente che gli spettri sono generati dal nostro io quando esso sia sottoposto a sollecitazioni ben saldate al reale, rimando all'ascolto dell'originale You Suffer per rientrare nella giusta ottica di materialismo procedurale, di concreto per il piacere del concreto.

La natura generale dell'opera, d'altronde, non può che rimandare al postmodernismo spinto di operazioni che hanno varcato le soglie della musica concreta e della sperimentazione pura, per darsi una veste estetica da leggerezza musicale. Non può che rimandare idealmente, quindi, al capostipite Metal Machine Music e al sottosuolo minimalista no wave, da cui però si dissocia per linguaggio, per setup e per esito, che riassumiamo comodamente in - caps lock - WHITE NOISE E DRONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONEONE (...) ONEONEONEONEONEONE.

La rilettura di You Suffer è rispettosa e filologica fino ai silenzi. Le vibrazioni sono infinite dune e se le canzoni fossero solidi, questo sarebbe un ingrandimento atomico monumentale.

Non ci si azzardi a sminuire il lavoro di Lea Cummings, perché a paulstretchare qualunque cosa siamo tutti più o meno capaci: a farne mix così curati e gradevoli, a performare i concetti, ad attuarli nel mondo dell'arte, questo no. Non si assuma l'atteggiamento medio di chi di fronte ai Picasso più sintetici dice di essere altrettanto o più capace: perché è il classico atteggiamento delle teste di cazzo.

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