Non ci ferma né il diluvio né la grandine durante il viaggio e con fatica si raggiunge Barolo per l'atteso concerto di Neil Young; come premio al nostro ardire ecco che un violentissimo acquazzone di 15 minuti ci benedice quando ormai siamo impacchettati senza rimedio nella gremitissima piazza in attesa di lui.
A scanso di equivoci comincio col dire che è stato un buon concerto e mi rammarico perché avrebbe potuto essere, con qualche accorgimento, eccezionale e un po' mi dispiace. E' la prima volta che lo vedo così da vicino e sono convinto che non sarà l'ultima anche perché chi sostiene che Neil Young sia scoppiato è semplicemente anni luce lontano dalla realtà.
Mi tolgo subito tutti i sassolini dalla scarpa indicando quello che per me poteva essere evitato od anche riconsiderato. Tenuto conto della tournée piuttosto massacrante, solo il giorno prima era a Ulma in Germania, e per ovvi limiti d'età, che comunque non gli hanno impedito di saltare come un grillo per tutto il palco e di non risparmiarsi nemmeno per un secondo (e con lui tutti i Crazy Horse), il concerto non è stato lunghissimo diciamo poco meno di due ore; Neil non ha fatto nemmeno un brano di cover dal suo ultimo album (A Letter Home) ed un solo pezzo, l'omonimo, dal precedente “Psychedelic Pill” ed allora mi domando perché in un concerto composto da 14 pezzi, incluso il bis, ne abbia infilato ben tre da “Ragged Glory” e due da “Are You Passionate?” di cui uno probabilmente scartato perché, pur essendo databile a quell'album, non è stato poi inserito?
Avrei di gran lunga preferito, visto che questo tour non pubblicizzava alcun album, che la sua scelta fosse caduta su ben altri classici disseminati nella sua enorme e straordinaria produzione. Ascoltando i pensieri della gente dispensati ad alto volume posso condensarli più o meno così: ”...concerto bellissimo peccato che non conoscessi la maggior parte dei brani”. Una considerazione che se fossi stato in lui mi sarei posto prima di redigere la scaletta.
Discutibilissima per me anche la decisione di proporre una cover di Bob Dylan e d'inserire un pezzo tratto da un album per niente fondamentale come “American Dream” di CSNY sempre in rapporto allo scarno numero di brani proposti.
Insomma fatemelo proprio dire, non si può non fare “ Like an Hurricane”, “Hey Hey My My” o “Powderfinger” giusto per citare qualcosa in un concerto celebrativo di Neil Young, perchè in taluni casi certi brani devono essere fatti a prescindere, anche se in quasi 50 anni di onoratissima carriera li avrà riproposti così tante volte arrivando probabilmente persino a detestarli.
Altro punto negativo la non ottimale resa del suono nella piazza, la batteria si sentiva molto poco, almeno nella prima parte, il basso impastava il tutto ed anche le chitarre spesso distorcevano, insomma eravamo all'aperto e per me al mixer si poteva e doveva fare decisamente meglio.
Il palco era troppo basso per migliaia di persone posizionate in piazza e sollevarlo di un metro buono sarebbe stata cosa buona e giusta, ma forse qui la colpa è degli organizzatori del pacchetto di eventi che si tiene a Barolo. Altro particolare stridente la disposizione sul palco della strumentazione, degli amplificatori e delle coriste relegate in secondo piano, anche in altezza, dove quasi non si notavano ma che in bella mostra sul petto avevano il gigantesco pass di accesso al palco, particolare davvero fastidioso.
Infine lo schermo gigante che ci aveva intrattenuto, molto più che la scialba esibizione della cantante apripista che non saprei dire nemmeno chi fosse, con immagini fantastiche dal palco e sulla folla: un tripudio di magnificenza che ci aveva fatto venire la classica acquolina in bocca per tutti i particolari che avremmo potuto gustare...infatti avremmo, perché per tutto il concerto di Neil Young l'immenso schermo gigante posizionato sul palco, con una definizione che andava dalla perfezione all'ultraterreno, è stato unicamente usato per mostrare il logo dell'indiano stilizzato a cavallo su immenso sfondo nero dell'Alchemy tour. Decisione tra l'incomprensibile e l'idiota. Qui finiscono le dolenti note perché poi il concerto è stato buono (ma non ottimo).
Si apre con i fuochi artificiali di “Love and Only Love” da “Ragged Glory” per poi passare al primo inedito, “Standing in the Light of Love”, probabilmente uno scarto di “Are You Passionate?” quindi ancora “Going Home” e “Days that Used to Be” sempre da questi due album. Le esecuzioni sono belle e tirate ma l'impressione è che la gente intorno si chieda che cavolo stia suonando.“Living with War” sebbene non sia un pezzo memorabile è comunque un monito alla tesissima situazione mondiale di oggi e ci sta bene, ma la successiva cover di “Blowin' in the Wind” francamente no, tanto più che la gente finalmente riconosce un pezzo ed esplodono i boati da stadio, il tutto con un brano di un altro gigante e proposto comunque da un artista che ha una produzione acustica sterminata e letteralmente da brividi divini. D'accordo i riferimenti alle tensioni ed al desiderio di porsi delle domande, ma cavolo io sono qui per ascoltare anche dei classici suoi, ma lui mi accontenterà solo con le meravigliose “Cortez the Killer” e “Heart of Gold”. Prima ancora del brano di Dylan ci propone una lunghissima, ed evitabile,versione di “Love to Burn” (dio solo sa quanto avrei preferito invece una lunghissima versione di “Like a Hurricane”) e una discreta, ma anche questa evitabile, esecuzione di “Name of Love” dal mediocre album della reunion del 1988 di CSNY.
Poi finalmente il concerto decolla con l'acustica e magnifica “Heart of Gold”, “Barstool Blues” da "Zuma", anche se prende, per la prima volta, delle stecche piuttosto udibili anche da orecchie profane, l'ottima "Psychedelic Pill” ed una grandissima versione da pelle d'oca di “Cortez the Killer” che lascia molto l'amaro in bocca per quello che poteva essere questa performance e che invece non è stata. Il concerto finisce con la trascinante esecuzione di “Rockin' in the Free World” con la gente finalmente entusiasta e partecipativa; in altri tempi il concerto sarebbe cominciato ora invece ahimè è alla fine.
Come unico bis un altro trascinante pezzo inedito “Who's Gonna Stand Up and Save the Earth”, che uscirà nel successivo "Storytone", ma i giochi sono fatti la voce di Neil non gli permette di osare di più e a vederlo in volto, osannato dai presenti, mi sembrava di avergli letto che un pochino gli dispiacesse. Però , santo dio, come si può non fare “Powderfinger” e scegliere “Living with War”?
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