Ryuichi "lastimperator" Sakamoto ha finito per essere una sorta di collettivo. Il nostro ha, infatti, deciso da tempo di tenere sotto lo stesso nome le multiformi espressioni del suo non comune talento musicale. Inutile chiedersi, quindi, chi sia il vero Sakamoto: se il pianista degli esordi dedito all'elettro-pop nella Yellow Magic Orchestra; oppure l'infaticabile mediatore musicale, l'assertore della fusione possibile tra Oriente ed Occidente, tra tradizione ed avanguardia; se il sublime e acclamato compositore di colonne sonore; o anche l'innamorato perso della Bossa Nova di Jobim; senza trascurare il pop-maker che si "sporca le mani" con l'house, l'elettronica, il funky, il rap. Tutte queste anime, ed altre ancora, convivono in lui armoniosamente, talvolta presentandosi sulla scena tutte assieme, come avviene nell'ultima sua fatica, "Chasm".

È del tutto comprensibile che, come e più di altre opere del musicista giapponese, il lavoro sfugga a qualsivoglia definizione. La sequenza dei brani produce un continuo spiazzamento: nessuno è uguale all'altro, ma tutti, come in un complicato puzzle, contribuiscono a delineare l'inconfondibile suo profilo. Ascoltare "Chasm" è un po' come andare sulle "montagne russe". Dal rap coreano (!) in salsa japanese di "Undercooled", si passa all'elettronica più spinta e claustrofobica, parente prossima di quella degli Autechre, di "Coro". Dall'avanguardia ambient-minimalista della title-track, si va al rassicurante sodalizio con l'amico fraterno David Sylvian, che con "World Citizen" dà vita, come al solito del resto, ad una song memorabile. Né può mancare una "frenata" presso le care "brasilianerie" con "Ngo Bitmix", un perfetto connubio tra classicità ed innovazione. Ma forse la vetta dell'album è "Seven Samurai", brano intriso di nostalgia e fortemente evocativo, omaggio al grande Kurosawa; potenziale colonna sonora dell'omonimo capolavoro che Ryuchi offre alla memoria del Maestro. Sakamoto, con quest'album, continua imperterrito per la sua strada, noncurante di chi lo accusa di essere troppo dispersivo, di chi gli rimprovera le discese nei "bassifondi" della musica popolare. Nella sua visione olistica e panica della musica, egli sa di non poter tradire nessuna delle sue anime.

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