Lui è quello che sbraita e protesta di essere il “non-musicista”, no?
Il suo ruolo, dice, è far succedere le cose, catalista di elementi già presenti.
E allora ditemi come mai il risultato è sempre lo stesso, con chiunque il suo nome si accompagni, ex-Genesis o ex-Sex Pistols.
Io sono un bravo ragazzo, la mia faccia facciosa sorride al pubblico dalle copertine e per i miei dischi affitto sirene spagnole dalla voce squillante per rimare cuore e amore. Sono il Paul McCartney della generazione punk e la sperimentazione è l’ultima delle mie preoccupazioni. Voglio quindi scusarmi con il mio pubblico: “Music for films puntata 179” non era quel che m’aspettavo da questa collaborazione. Queste sequenze che attraversano il cervello in punta di piedi, dentro per un orecchio e fuori per l’altro, mi lasciano indifferente. C’è persino un brano ambient sul giro degli accordi di un blues...
M’aveva promesso di includere un reggae, un ritmo certo di rompere con un sorriso quel muso serio, ma era solo per tenermi buono. Lo ha messo per ultimo, come fosse un ripensamento. E come lo ha trattato! Invece di ballare e di accarezzare forme formose, ti fa venir voglia di sederti e contemplare la luna. Manca proprio dell’istinto di compagnia, Brian.
Ho risentito il demo andando da Bethnal Green lungo il Grand Union Canal: strade senza storia, vecchia periferia di mattoni anneriti dalla pioggia e dalle preoccupazioni delle lunghe file di case solitarie. La musica s’accompagnava perfettamente all’impressione che avevo di essere l’unica anima viva intorno. Questo non è quel che il mio pubblico vuole. Il mio pubblico merita cocktails con ombrellini colorati su tavolini tondi di giunco, contro uno sfondo di cartoncino bristol celeste e un’ edera di plastica che si arrampica sul separé. Così era la musica che gli ho mandato, e indietro mi torna questa rarefazione, questo snobismo...
Come dici? E’ lui che mi ha mandato la musica e sono io che l’ho completata? Ma appunto, appunto. Questo dimostra fino a che punto mi abbia plagiato. Basta. Questo è un disco di Brian Eno nella più classica vena ambient.
L’idea non è stata mia e, visti i risultati, permettete al vostro affezionato Jah Wobble di lavarsi le mani da ogni responsabilità.
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