Il metal, in virtù del pervicace cattivo gusto che spesso lo caratterizza, viene generalmente considerato un genere da non proporre neppure al proprio peggior nemico.
Eppure nonostante queste snobistiche credenze popolari, il TRVE METAL, segnatamente quello di matrice mitteleuropea caratterizzato da un impetuoso piglio epico-cavalleresco, può risultare portatore di una substantiae sonorae tanto rozza quanto a suo modo godibile, nella quale si inscenano sanguinosi duelli corpo-a-corpo nei foschi-boschi della Ellenia pre-Platonica: il suono acuminato delle lame nell'atto di infilzare le sbrindellate carni degli sconfitti.
E allora cosa ci potrà mai essere di meglio di questo tonitruante affresco di agreste metallo ante litteram totalmente fuori tempo massimo che pesca a pieni bicipiti-e-spadoni dal canovaccio guerrafondaio-medioevale caro agli indefessi Manowar o ai Savatage più titanici: la copertina sembra voler riaffermare l'arcaico imperativo DEATH TO FALSE METAL inciso sul basalto a monito di chi osasse tradire la sacra causa con inaccettabili commistioni di genere (tipica delle menti deboli).
Prodotto artigianalmente qualche mese addietro in una fucina siderurgica sulla sommità del Monte Olimpo questi ciclopi di origine grec(h)a ci consegnano l'imperdibile occasione non solo di recuperare dal polveroso baule in soffitta le inossidabili armature d'epoca ma anche i mutandoni alla zuava con folto pelo di caprone, così come di affilare le alabarde per cercare di tenere testa ai detrattori di questo pezzo pregiato di modernariato laminato in tungsteno.
La produzione del lavoro risulta vieppiù scorbutica e spartana: se da un lato questo potrebbe rappresentare un limite, dall'altro consente al disco di non suonare esattamente identico agli altri 142.365 dischi metal usciti negli ultimi sei mesi: qualunque sia il frammento ascoltato si sente che sono loro e nessun altro.
Per quanto i riferimenti siano quelli esplicitati il suono si presenta meno monolitico di quanto si potrebbe supporre: nel cangiante calderone si scorgono anche rimandi ai primi raffinati Crimson Glory, Fifth Angel et metal-militia similare. Il vocalist, in perenne battaglia per emergere sulla catartica strumentazione circostante, si avventura alla ricerca di chorus immortali e di sicura presa: il timbro, per chi lo ha presente, può rimandare a quello del Klaus Meine dei bei tempi, in chiave più belligerante.
Affermare che questo tipo di fumettistici scenari para-pseudo musicali sia (artisticamente) morto & sepolto da eoni e capaci solamente di reiterare stilemi consolidati e consunti, è la classica scoperta dell'acqua calda.
Da arrugginito metaller ciò non impedisce di trovare brani tanto derivativi quanto poderosi le cui sonorità rimandano a capisaldi del genere come "Into Glory Ride" o frammenti ricolmi di atmosfere ambivalenti in bilico tra chitarre acuminate e apotropaiche aperture melodiche come avviene nella avvincente "Lord Of The Wind" o ancora nella anthemica Canzone delle Sirene, omaggiata altresì da Tim Buckley che, come è noto, ne è da sempre un grande estimatore.
Dei Reflection, dico.
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