Dei R.E.M. si è soliti dire un paio di cosette molto (ma molto!!!) superficiali: che sono i "rivali" degli U2 e che non sono mai riusciti ad arrivare lì dove Bono, Edge e compagnia sono giunti; che sono un gruppo lagnoso; e che, infine, fanno canzoni che non di cui non si capisce una benemerita mazza. Quest'ultima affermazione potrebbe essere invero veritiera, perchè Micheal Stipe ha sempre avuto quell'attitudine a strascicare le parole in bocca e di scrivere testi in cui il nonsense si fonde al cut up Burroghsiano in maniera geniale (basti leggere le parole di "What's The Frequency, Kenneth?"), ma sulle altre due affermazioni mi permetto di obiettare fermamente e di "difendere", se così si può dire, una delle più grandi rock band americane di sempre.
Già, ma quale tipo di rock? La musica dei R.E.M. è un caleidoscopio musicale (in realtà alquanto omogeneo) che cita, rimastica e personalizza alcuni dei momenti storici della canzona popolare americana. E, scorrendo le tracce di questo best of, non è facile rendersene conto: c'è l'attitudine folkie ("Man On The Moon", "Losing My Religion"), i richiami al grunge ("What's The Frequency, Kenneth?"), un po' di sano rock'n'roll ("Bad Day", l'inedito della raccolta, altro che Daniel Powter!!!), addirittura echi di punk pop ("All The Right Friends") e di elettronica di classe ("The Great Beyond", "Animal") e qualche ballata preziosa ("Everybody Hurts" su tutte, ma anche "Nightswimming" o "Daysleeper").
Chi non ha mai ascoltato i R.E.M. avrà bisogno di un paio di ascolti per innamorarsi di questa band, della voce aliena di Stipe e della chitarra "così poco rock'n'roll" di Buck, ma dopo un pò non potrà fare a meno di portare nel cuore almeno una canzone di questo gruppo. Anche se non parla di te, anche se non è un gruppo per ragazzini. Perchè i R.E.M. non sono mai stati un gruppo facile, e mai, per fortuna , lo saranno.
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