Per la mia prima recensione ho deciso di puntare sul trash, raccontandovi la mia doppia esperienza allo stadio Olimpico con i concerti di Renato Zero e Vasco Rossi. Fermo restando che queste sono state due delle serate più brutte della mia vita, va precisato che Renato Zero è meglio (meno peggio) di Vasco Rossi. Questo per un motivo molto semplice: Renato Zero ha un repertorio di merda, ma ha una bella voce; Vasco Rossi ha un repertorio di merda e una voce di merda. Un'altra differenza sta nella tipologia del pubblico: quello di Renato Zero, pur amando il suo idolo, si vergogna (giustamente) di farlo sapere in giro. I fan di Vasco Rossi, invece, sembrano convinti (forse storditi dal martellamento mediatico, o semplicemente perché sono cretini) che il cantante degli spot Fiat sia un grande rocker. Ma andiamo con ordine.

Ad aprire la serie dei concerti dello stadio romano è stato Zero con una doppia serata a inizio giugno. Il palco è terribile: a forma di lettore mp3, brutto e pacchiano, dà un'idea di povertà raggelante. Le cose peggiorano a inizio concerto, quando si accendono delle luminarie forse rubate alla sagra della porchetta (spacciate dall'organizzazione come "straordinario impianto luci tecnologicamente all'avanguardia"). Ai lati ci sono due maxischermi grandi più o meno come il televisore di casa mia (li vendono al Mercatone Uno a tremila euro). Dopdiché parte una musichetta da villaggio turistico (tipo: perepé perpeé perepé), e entrano in scena dei ballerini (?) forse scartati da Amici di Maria De Filippi, che cominciano a intonare, dimenandosi come tarantolati, un testo imbarazzante: "Evviva Renato: Zero per tutti, tutti per Zero" Renato!!!. Finalmente, dopo 5 minuti buoni di supplizio, e con mezz'ora di ritardo sull'inizio previsto, arriva Renato Zero: le luminarie-porchetta si aprono a sipario e lui inizia a intonare, in un sobrio abito blu "Io uguale io". Devo riconoscere che ha una voce da paura. Il concerto prosegue tra canzoni vecchie (tutto sommato non male, soprattutto "L'Ambulanza, Baratto e Triangolo") e nuove (vergognose). Il tutto è inframmezzato da passi di danza che ricordano il Santi Bailor di Un Americano a Roma e da discorsi senza capo né coda che allungano a dismisura il concerto. Il finale affidato a "Il Cielo" è stato la cosa migliore della serata. Peccato che poi Renato non schiodasse più dal palco e continuasse a ripetere: "Grandi!", "Non dimenticatemi!". A tradimento poi arrivava il colpo di grazia, coi ballerini che risalivano sul palco e riprendevano a cantare quel motivetto idiota di inizio concerto, che si chiudeva così in maniera ingloriosa.

Poche settimane dopo faceva tappa a Roma il tour di Vasco Rossi, che già m'aveva rotto li cojoni prima che cominciasse, visto il bombardamento mediatico che accompagna ogni sua uscita (ma quanto spenderà per "oliare" i giornali e le programmazioni delle radio?). Di positivo c'è che il biglietto costa 10 euri in meno di quello di Renato Zero. Accanto a famigliole che mangiano i panini con la frittata e impiegati che trasgrediscono ascoltando Vasco Rossi (un po' come farsi le pippe pensando a Rosi Bindi), c'è anche un nutrito drappello di dodicenni vestite da mignotte (non voglio fare il moralista, ma era uno spettacolo inquietante). Vasco arriva sul palco (a forma di banana marcia) barcollante nel suo solito look da parcheggiatore abusivo di ristorante, quello, per intenderci, che a fine serata se gli va bene rimedia un quartino e una fettina panata dal gestore della trattoria. Attacca, totalmente afono e spesso stonato, con "Basta poco" (indecorosa), cantata in coro dai presenti, e prosegue fra le altre con "La compagnia" (mi chiedo perché gli eredi di Battisti non lo abbiano ancora denunciato per oltraggio alla memoria), "Buoni o cattivi" (che canzone di merda), "Un senso" ("Voglio trovare un senso a tante cose, anche se tante cose un senso non ce l'ha"). Si salvano "Siamo solo noi", "Voglio andare al mare", "Albachiara" e poche altre. Per mascherare il palese affanno vocale di Vasco Rossi, che ormai si esprime con un idioma incomprensibile (anziché scandire parole, emette suoni gutturali come "gghhh hhhggg ngghh ghhh"), ad ogni pezzo sono aggiunte lunghe code strumentali, eseguite senza sbavature da una band eccellente.
In conclusione, quaranta euri buttati. A questo punto vi chiederete che cazzo ci sono andato a fare a vedere questi due concerti da centro di igiene mentale. La risposta è semplice: ho accompagnato una tipa convinto che potesse darmela. E' stata dura, ma alla fine ce l'ho fatta. Ne valeva la pena? Nonostante tutto, penso di sì: il suo quoziente intellettivo, lo dimostrano i suoi gusti musicali, è inferiore a quello di Emilio Fede; ma almeno ha un bel culo.

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