Ecco l'inaspettato ritorno dei Revolting Cocks sulla scena dopo ben 13 anni e lo scoppiettante ma criticato "Linger Ficken' Good" del 1993.
Al Jourgensen e la sua esplosività industrial, misto a punk degno dei migliori Sex Pistols digitalizzato fino a sembrare noise, tornano in questo "Cocked And Loaded", con un lavoro meno riuscito che spegne alcune critiche iniziali sulla qualità di questo prodotto. Un lavoro tutto sommato divertente, orecchiabile e soprattutto trascinante, ma non per questo dobbiamo gridare al miracolo.
L'album, pieno di ritmi industrial scattanti e martellanti, distorsioni e filtri vocali all'avanguardia degni dei migliori Ministry, concilia la schizofrenia dei Nine Inch Nails di Reznor con molte altre influenze punk, old school industrial, elettroniche, noise, metal e semplice rock di massa.
Vediamo più nel dettaglio le 10 tracce di questo lavoro: l'album si apre con "Fire Engine", una canzone dotata di una carica quasi simbolica, in quanto ci rende subito note le caratteristiche del resto dell'album. Ritmo serrato, distorsione digitalizzata e filtri vocali su voce pseudo-screaming, con una melodia molto semplice ma azzeccata, bel pezzo. Segue "10 Million Ways To Die", canzone quasi da film o da videogioco d'azione, è un pezzo latineggiante dominato da percussioni computerizzate e voce abbassata, con cori e scratch a fare da accompagnamento. Carina.
Terzo pezzo, "Caliente (Dark Entries)", vede la carica di Jourgensen coniugarsi alla perfezione con la voce di Gibby Haynes dei Butthole Surfers nella cover dei Bauhaus; di sicuro una più che discreta reintepretazione.
"Prune Tang", un pezzo molto metalleggiante alla Nine Inch Nails di 'Downward Spiral', fa capire bene cosa stiamo sentendo, cioè un connubio perfetto di rock, metal ed elettronica frammista a punk e sintetizzatori di nuova data. "Dead End Streets" (with Jello Biafra), puro industrial come poche altre, ricorda molto da vicino i primi lavori dei 'Rammstein', con il suo ritmo ben scandito, distorsioni da altoforno e un atmosfera generale cattiva seppur originale e orecchiabilissima. "Pole Grinder" ci porta un po' indietro col tempo, assecondando quelli che erano i caratteri generali che hanno reso celebri i grandi Ministry. "Jack In The Crack" è un altro pezzo NIN che con la sua atmosfera da punk/grunge darkettone immerso nei synth si rende davvero apprezzabile.
"Devil Cock" è metal più semplice, con coretti di sottofondo a scandire l'oscurità e il significato della traccia; il pezzo alla fine non risulta molto diverso da molti altri, ed è forse il peggiore dell'album. "Viagra Culture" (con Jello Biafra), un viaggio psichedelico quasi da Depeche Mode a metà tra vecchio e nuovo stile, con la voce a dare maggior ritmo a un pezzo già di per sè molto movimentato. L'album è concluso da "Revolting Cock Au Lait", che rappresenta lo stesso inizio in clap però modernizzato di "We Will Rock You" dei Queen; è di per sè un pezzo dove la distorsione si collega con le voci parlate che la sovrastano (tra l'altro con un ottimo sense of humour), con una bellissima aria da festa che però tende a disperdersi nella durata complessiva. Pezzo comunque interessante.
L'album, con ospiti come Haynes, Biafra, Nielsen e Gibbons (degli ZZ Top) è alla fine un bel ritorno sulla scena dei ragazzoni di Jourgensen, che nonostante un po' cresciutelli per ritornare con i loro testi un po' troppo "espliciti" pretendendo chissà quali risultati. L'album è di per sè godibile, ma niente fa gridare alla sorpresa, un album nella media che di sicuro sarà apprezzato dai fan di vecchia data, ma potrebbe benissimo venir criticato da chi cercava qualche innovazione di sicuro meno presente di quanto si credesse.
Consigliato agli industrialomani e ai fans dei Cocks.
Carico i commenti... con calma